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lunedì 10 marzo 2014

6. MEISTER ECKHART. Sermoni tedeschi (forse 1294 /1324) / Commento al Vangelo di Giovanni (1311 / 1313) / Dell'uomo nobile (1308 / 1318)






MEISTER ECKHART
Sermoni tedeschi 
(forse 1294 /1324)
Commento al Vangelo di Giovanni 
(1311 / 1313)
Dell'uomo nobile 
(1308 / 1318)

eckhart
Ritratto di MEISTER ECKHART? È il più diffuso in Web, diciamo che è considerato più o meno il ritratto ufficiale. Ciò è decisamente molto improbabile, sia perché in realtà non esisterebbero tracce di immagini che lo ritraggano, e sia perché il personaggio qui ritratto ha un'aureola (Eckhart è stato dichiarato eretico ufficialmente dalla Chiesa dal 1329 sino al 1992)...









BREVIS PRAEFACTIO



Il 6°, il 7° e l'8° post di questo blog sono dedicati allo stesso autore, e cioè a quel Johannes Eckhart von Hochheim, più noto come Meister (Maestro) Eckhart, considerato a giusto titolo tra i più grandi mistici cattolici della Storia umana, nonché tra le menti più eccelse dell'Europa medioevale e della cultura tedesca in generale, che ha oltretutto precorso ed influenzato notevolmente il Lutero della riforma protestante prima, il successivo Idealismo poi, e persino lo Schopenhauer ostile ai precetti idealisti eppure lui stesso 'figlio spirituale' di Eckhart...

I tre volumi che presento li ho scelti quali lavori più rappresentativi delle tre 'categorie' in cui possiamo suddividere l'opera del grande mistico e pensatore renano: predicazioneesegesi e filosofia...

Del Meister Eckhart divulgatore di pulpito del messaggio cristiano non potevo che scegliere – fra le traduzioni italiane - i Sermoni Tedeschi, che in generale costituiscono - insieme ai trattati - l'essenza stessa del pensiero eckhartiano e sono senz'altro le sue cose più note al grande pubblico e più notevoli sotto il profilo teologico e non solo...

Del Meister Eckhart esegeta il Commento al Vangelo di Giovanni - quello stesso Vangelo di Giovanni che tra le opere neotestamentarie era proprio quella prediletta da Eckhart - che molti considerano il frutto migliore della sua produzione latina...


Del Meister Eckhart filosofo chiaramente non potevamo tenere fuori dalla rosa quelli che, insieme ai Sermoni, sono i suoi capolavori effettivi: i trattati Del Distacco e Dell'Uomo Nobile...       





Il portale dedicato a MEISTER ECKHART, presso la Predigerkirche ('chiesa del predicatore') di Erfurt. È ben visibile la scritta <<Das licht leuchtet in der finsternis und die finsternis hates nicht erfasst>>, ovvero il celeberrimo verso 1,5 del Vangelo di Giovanni: <<La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta>>...


Per una nota biografica rimando al sito britannico eckhartsociety.org, il cui link posto subito qua di seguito:






<<Se ci allontaniamo dalle forme prodotte, dalle circostanze contingenti, e andiamo verso il nucleo delle cose, troveremo che Śakyamuni e Meister Eckhart insegnano la stessa cosa; soltanto che il primo osa esprimere le sue idee in modo semplice e affermativo, mentre Eckhart è obbligato a racchiuderle nei vestiti del mito Cristiano, e deve adattare le sue espressioni di conseguenza...>>   
ARTHUR SCHOPENHAUER, da Die Welt als Wille und Vorstellung (1819 – in Italia edito per la prima volta nel 1913 da Bartelli & Verando nel 1963 col titolo Il mondo come volontà e rappresentazione)


<<Nel predominante sistema religioso occidentale, l'amore per Dio è essenzialmente lo stesso che la fede nell'esistenza, nella giustizia e nell'amore di Dio. L'amore per Dio è essenzialmente un'esperienza di pensiero. Nelle religioni orientali e nel misticismo, l'amore per Dio è un'intensa sensazione di unità, inseparabilità, legata con l'espressione di questo amore in ogni atto della vita. La formula più radicale è stata data a questo fine da Meister Eckhart: “Se per questa ragione io sono cambiato in Dio, lui mi rende uno con se stesso, allora, grazie al Dio vivo, non c'è alcuna differenza tra noi... Alcuni immaginano di andare a vedere Dio come se Lui stesse laggiù, e loro qui, ma non è così. Dio e io siamo uno. Conoscendo Dio, io lo porto in me. Amando Dio, io lo penetro”...>>   
ERICH FROMM, da The art of loving (1956 – in Italia pubblicato da Mondadori nel 1963 col titolo L’arte di amare)


<<Quando autentici amici di Dio, quale a mio parere fu Meister Eckhart, ripetono le parole che hanno udito nel più segreto silenzio, durante l’unione d’amore, se queste non concordano con l’insegnamento della Chiesa, ciò significa soltanto che il linguaggio della pubblica piazza non è quello della camera nuziale...>>  
SIMONE WEIL, da una lettera del 1942 a padre Joseph Marie Perrin (NdR: Questo testo fa parte delle celebri 6 lettere a padre Perrin tra gennaio e maggio del ’42 – il carteggio, considerato tra le opere più significative della Weil, fu pubblicato postumo nel 1950 col titolo Attente de Dieu dall'editrice La Colombe, in Italia tradotto e pubblicato nel 1954 col titolo L'attesa di Dio dall'editore Gherardo Casini; attualmente in Italia è edito dalla Adelphi


<<Meister Eckhart è un modello di mistico aristocratico, è colui che si è rivolto all'anima nobile e ha proclamato: “Quel che vi è di più nobile nell'uomo è il sangue”; è colui che ha concepito l'io come un principio causa di se stesso, nato dall'eternità, fortezza inespugnabile, tale che, qualora non esistesse, nemmeno Dio potrebbe esistere; è infine colui che ha proclamato: “L'uomo deve essere libero e signore di tutte le sue opere, di là da ogni offesa e d'ogni costrizione”, insegnando un'austera via di conquista dei cieli, sgombra di magia, di dogmatismo, di obbedienza alla lettera e anche di devoti sentimentalismi e di abbandoni umanitari…>>    
JULIUS EVOLA, da Il mito del sangue (ed. Hoepli, Milano, 1942)

<<Con grande dolore annunciamo che, in questi tempi, un certo Eckhart, dei paesi tedeschi e, secondo quanto si dice, Dottore e Professore di Sacra Scrittura, dell'ordine dei Predicatori, ha voluto saperne più del necessario, in modo imprudente e non conforme alla misura della fede, allontanando l'orecchio dalla verità e rivolgendosi a delle invenzioni. Sedotto, infatti, da quel padre della menzogna, che spesso assume le forme dell'angelo della luce per diffondere la tenebrosa e odiosa oscurità dei sensi al posto della luce della verità, quest'uomo, condotto in errore contro la splendente verità della fede, ha fatto crescere nel campo della Chiesa spine e zizzania, sforzandosi di produrre cardi nocivi e velenosi rovi. Ha così insegnato numerose dottrine che oscurano la vera fede in molti cuori, esponendole specialmente nelle sue prediche di fronte al popolo incolto ed anche ponendole per iscritto...>>   
JACQUES DUÈZE o D'EUSE (o papa GIOVANNI XXII), dal testo decisamente grottesco e ridicolo della bolla In agro dominico del 27 marzo 1329 con la quale l’opera e la memoria di Meister Eckhart (deceduto presumibilmente un anno prima) furono condannate per eresia (pubblicato integralmente in Meister Eckhart, I sermoni latini, edizioni Città Nuova, Roma, 1989, a cura di Marco Vannini)










Il manoscritto della bolla In agro dominico del 27 marzo 1329 col quale la chiesa condannava per eresia Meister Eckhart (cfr. citazione precedente), attualmente depositato tra i 600 mila volumi della prestigiosa Biblioteca di Magonza...







MENTIŌNĒS BIOGRAPHIAE
Come più o meno tutti gli 'eretici' della Storia occidentale - Gesù Cristo compreso - anche a Meister Eckhart è toccato in sorte un database piuttosto deficitario sul suo conto.
Praticamente di Eckhart si sa poco o nulla; come recita Wikipedia: 
<<Non esiste né un'immagine autentica di Eckhart né un manoscritto originale. Anche l'attribuzione delle sue prediche e dei trattati in tedesco è talora controversa. I testi in latino - che sono pervenuti soltanto in parte - lasciano intravedere la sua mano. Malgrado queste numerose lacune si riescono a ricostruire alcuni passi della sua vita e della sua dottrina...>>
Quel poco che si sa, si riduce a quelli che dovrebbero / potrebbero essere gli eventi principali della sua vita: la nascita a Hochheim (o Tambach) in Turingia nel 1260, dal cavaliere Eckhardus, dictus de Hochheim; l'ingresso nell'ordine domenicano a Erfurt nel 1275 (a soli 15 anni); la sua formazione in filosofia generale, filosofia naturale e teologia dal 1277 al 1289, probabilmente a Colonia (dove potrebbe aver conosciuto e frequentato Alberto Magno, l'eccelso commentatore di Aristotele che fu maestro di Tommaso d'Aquino, venerato dai cattolici come santo patrono degli scienziati e Dottore della Chiesa); la sua ordinazione come presbitero nel 1289; la frequentazione dal 1290 al 1294 della Sorbona di Parigi, presso la quale fu lettore delle sentenze di Pietro Lombardo nel biennio 1293-94, nonché magister dal 1302 al 1303, e ancora magister dal 1311 al 1313; il conseguimento del priorato presso il convento domenicano di Erfurt nel 1294; il conseguimento del vicariato generale con la cura d'anime dei monasteri femminili a Strasburgo dal 1314 al 1324; la docenza presso lo Studium generale di Colonia nel 1322; la denuncia come eretico da parte di suoi confratelli presso l'arcivescovo di Colonia nel 1325; il processo alle sue tesi eretiche nel 1326, che si conclude con la sua ritrattazione; la morte nel 1328 non si sa bene come e in quali esatte circostanze: per esempio, se durante il viaggio ad Avignone per incontrare il papa Giovanni XXII (da cui si attendeva se non tolleranza per lo meno comprensione) o se durante il viaggio di ritorno a Colonia dopo aver incontrato il pontefice; l’ultimo dato conosciuto è quello relativo all’emissione postuma – il 27 marzo 1329 - della bolla papale In agro dominico con la quale il menzionato pontefice condannava l’opera di Eckhart come eretica...

Quale ovvia conseguenza della condanna vi sarà un drastico e immediato shutdown nella diffusione del pensiero eckhartiano; e persino il suo nome e tutti i dati relativi alla sua esistenza verranno espunti dai pubblici dominî – come abbiamo accennato prima; tuttavia, grazie soprattutto all’instancabile e temeraria "militanza" dei suoi confratelli e discepoli Enrico Suso e Giovanni Taulero, Meister Eckart sopravviverà all’ostracismo ecclesiastico e influenzerà notevolmente tutta la cultura tedesca (e non solo) successiva, da Niccolò Cusano a Lutero e alla conseguente Riforma Protestante, sino all’idealismo di Fichte, Schelling, Hegel, sino all’anti-idealismo di Schopenhauer e Kierkegaard, sino a Karl Jaspers, agli esistenzialisti del Novecento e al primo Heidegger... 

Influenza che non poteva non estendersi sino ai due colossi del pensiero occidentale eppure mistici mancati Carl Gustav Jung e Rudolf Steiner; e a tutt’oggi Meister Eckhart (la cui riabilitazione da parte del Vaticano è nel frattempo giunta nel ’92 – meglio tardi che mai!) è sicuramente il mistico cristiano più amato e studiato nel mondo, anche (o soprattutto?) in ambienti non-cristiani e sincretistici, in quanto è considerato un vero e proprio ‘ponte ideale’ tra dogma, misticismo e filosofia, nonché tra culture così apparentemente diverse tra loro quali lo spiritualismo ebraico-cristiano, lo speculativismo occidentale e l’ascetismo orientale...






Heinrich Seuse (1300 - 1366), conosciuto in Italia come Enrico Suso (nei suoi scritti si firmava con lo pseudonimo Amandus), il devoto discepolo (o piuttosto - insieme a Johannes Tauler o Giovanni Taulero - l' "apostolo" par excellence) di Meister Eckhart... Il quale discepolo, per una bizzarra ironia della sorte, è stato beatificato dalla chiesa cattolica (precisamente nel 1831 da papa Gregorio XVI), a differenza del suo mentore e maestro, che invece ha subìto dopo la morte ogni sorta di ostracismi ed è stato riabilitato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede solo nel 1992 (dopo ben 663 anni)... Enrico Suso non fu solo l'allievo prediletto nonché l'epigono del grande Eckhart, ma fu soprattutto colui che con tenacia e coraggio formidabili continuò a divulgare le <<dolci dottrine>> (come lui le chiamava) del maestro, apertamente e solo contro tutto il clero, già dai tempi in cui Eckhart, ancora vivo, fu processato. Questa determinazione gli costò la revoca del suo incarico di docente, l'obbligo di difendersi dall'accusa di eresia davanti ad un capitolo dell'Ordine Domenicano ad Anversa nel 1327, e persino l'esilio, nel 1330, in Svizzera.
La xilografia medievale qui riportata è attualmente conservata nella Biblioteca Nazionale Universitaria di Strasburgo...






Opere principali:Sermoni tedeschi e latini, le Quaestiones Parisienses (composte durante il primo magistero parigino), i Commenti a certi testi peculiari dell'Antico Testamento: Genesi, Ecclesiastico, Esodo, Sapienza, e al Vangelo di Giovanni (composti probabilmente durante il secondo magistero parigino), il trattato giovanile Istruzioni spirituali, quelli della maturità Del distaccoIl libro della consolazione divina (noto anche come Liber Benedictus) e Dell’uomo nobile... 







OPERA MAGNA





MEISTER ECKHART 
Sermoni tedeschi 
Piccola Biblioteca Adelphi 
Milano, 1985 
A cura di Marco Vannini 

*   *   *


TITOLO ORIGINALE:
MEISTER ECKHART 
Die Deutschen Predigten  
forse 1294 /1324 





<<Noi diciamo dunque che l'uomo deve essere così povero da non avere, e non essere, alcun luogo in cui Dio possa operare. Quando l'uomo mantiene un luogo, mantiene anche una differenza. Perciò prego Dio che mi liberi da Dio, perché il mio essere essenziale è al di sopra di Dio, in quanto noi concepiamo Dio come inizio delle creature. In quell'essere di Dio, però, in cui Egli è al di sopra di ogni essere e di ogni differenza, là ero io stesso, volevo me stesso e conoscevo me stesso, per creare questo uomo che io sono. Perciò io sono causa originaria di me stesso secondo il mio essere, che è eterno, e non secondo il mio divenire, che è temporale. Perciò io sono non nato, e, secondo il modo del mio non esser nato, non posso mai morire. Secondo il modo del mio non esser nato, io sono stato in eterno, e sono ora, e rimarrò in eterno. Cosa invece sono secondo il mio esser nato, dovrà morire ed essere annientato, perché è mortale, e perciò deve corrompersi col tempo. Nella mia nascita eterna nacquero tutte le cose, ed io fui causa originaria di me stesso e di tutte le cose; e, se non lo avessi voluto, né io né le cose sarebbero; ma se io non fossi, neanche Dio sarebbe: io sono causa originaria dell'esser Dio da parte di Dio; se io non fossi, Dio non sarebbe Dio. Ma non è necessario capire questo...>>  
MEISTER ECKHART, dal sermone Beati pauperes spiritu, quia ipsorum est regnum coelorum, in Meister Eckhart: Sermoni tedeschi, trad. Marco Vannini, Piccola Biblioteca Adelphi, Milano, 1985

<<L'occhio nel quale io vedo Dio, è lo stesso occhio in cui Dio mi vede; l'occhio mio e l'occhio di Dio non sono che un solo occhio, una sola visione, una sola conoscenza, un solo amore...>>  
MEISTER ECKHART, dal sermone Qui audit me, in Meister Eckhart: Sermoni tedeschi, trad. Marco Vannini, Piccola Biblioteca Adelphi, Milano, 1985


<<Non si deve cogliere o considerare Dio come esterno a noi stessi, ma come nostro bene proprio e come cosa che è in noi stessi; non si deve neppure servire od agire in vista di un perché: né per Dio, né per il proprio onore, né per qualsiasi altra cosa fuori di sé, ma soltanto per ciò che è in sé suo essere proprio e sua propria vita. Molte persone semplici si immaginano che devono considerare Dio come lassù, e loro quaggiù. Non è così. Io e Dio siamo uno. Con la conoscenza accolgo Dio in me, con l'amore penetro in lui…>>  
MEISTER ECKHART, dal sermone Iusti vivent in aeternum, in Meister Eckhart: Sermoni tedeschi, trad. Marco Vannini, Piccola Biblioteca Adelphi, Milano, 1985






Un' immagine medievale probabilmente "inventata" di Eckhart mentre declama dal suo pulpito...






<<Prego Dio che mi liberi da Dio, perché il mio essere essenziale è al di sopra di Dio, in quanto noi concepiamo Dio come inizio delle creature. In quell'essere di Dio, però, in cui Egli è al di sopra di ogni essere e di ogni differenza, là ero io stesso, volevo me stesso e conoscevo me stesso, per creare questo uomo che io sono...>>
Un gioiellino - questo Beati pauperes spiritu, quia ipsorum est regnum coelorum - che in se stesso riassume e rappresenta il meglio delle prediche in lingua tedesca del grande Eckhart, e che anticipa quelli che saranno i due capolavori assoluti della maturità: i trattati Del distacco e Dell'uomo nobile...

Con i Sermoni tedeschi inizia quindi il rapido, invidiabile ma anche - verso la fine - contrastato curricolo teologico, filosofico, letterario del più eminente pensatore cristiano di tutti i tempi (forse secondo solo ad Agostino di Ippona – ma in termini meramente intellettuali), senz'altro l'unico in tutta la storia del cristianesimo – e questo è il suo maggior pregio, che lo distanzia nettamente da Agostino e da tutti gli altri - che possa vantare a pieno titolo una mistica totale, unica, avulsa da qualsivoglia integralismo religioso (di massa o di nicchia), decisamente refrattaria ai dogmi, alle omologazioni, all'esclusivismo – tanto fideistico quanto razionalistico - di ogni genere, e pertanto una mistica degna di esser definita 'mistica', poiché immediata, autentica, pura, incontaminata, incorruttibile; peculiarità che proietta Eckhart ben al di là del cristianesimo stesso, il quale certamente non ha mai dimostrato la stessa refrattarietà a integralismo e dogmi, la stessa purezza e incontaminazione, la stessa incorruttibilità del suo figlio più discolo e irriverente...

I Sermoni tedeschi, nella stessa epoca in cui Dante poneva con  la sua Commedia la pietra angolare di quella che sarà ed è tuttora la lingua letteraria mondiale, edificano non certo dal nulla – non possiamo obliare  le fonti cui ufficialmente ha attinto il Meister: il musulmano Avicenna, il pagano Aristotele e l’ex manicheo Agostino di Ippona, oltre al supererudito Alberto Magno -  quello che sarà ed è tuttora l’idioma filosofico mondiale, inventando – in un tentativo di simbiosi tra intimismo agostiniano, razionalismo aristotelico e sperimentalismo avicenniano – quel metodo mistico-speculativo che precorrà a sua volta quel metodo ‘speculativo’ cuore pulsante della filosofia moderna e contemporanea, e che dominerà il proscenio della cultura tedesca già dal Medioevo in poi, passando per la Riforma Protestante sino all’Idealismo e a tutto il Novecento e a tutt’oggi, come abbiamo già constatato...









Alberto Magno di Bollstädt, detto Doctor Universalis (1206 - 1280), l'autorevolissimo e incredibilmente erudito domenicano che fu tra i "maestri" di Eckhart, e che sicuramente quest'ultimo conobbe e frequentò negli anni del noviziato presso lo Studium Generale di Colonia, che, guardacaso, era stato fondato proprio da Alberto. "Doctor Universalis" fu uno dei più grandi esegeti aristotelici di tutti i tempi, fu maestro di Tommaso d'Aquino ed è venerato dalla chiesa cattolica come Dottore della Chiesa e come santo patrono degli scienziati (fu santificato da papa Pio XI nel 1931)...
La curiosa immagine che lo ritrae qui sopra mentre osserva o mostra un androgino (non è facilmente deducibile dall'espressione se mosso da interesse scientifico o da moralismo teologico), è un'incisione tratta dall'opera Symbola aureae mensae duodecim nationum etcetera (1617) del medico e alchimista tedesco Michael Maier (1568 - 1622)...





Orazioni in volgare germanico, anziché in latino (com’era in uso tra gli intellettuali ecclesiastici dell’epoca), indubbiamente le prime in ambito strettamente filosofico (non teologico), importantissime peraltro non solo sotto un profilo propriamente filosofico, ma anche, appunto, sotto quello linguistico, nonché sotto il profilo prettamente stilistico: proprio con i roventi sermoni di Eckhart nasce il cosiddetto 'misticismo speculativo', che diverrà genere letterario effettivo con strumenti letterari effettivi - quali un uso audacissimo della metafora, del paradosso e dell'antinomia ai limiti della sperimentazione – e che occuperà uno spazio importante nei secoli successivi...

Il volume che stiamo presentando, a cura del solito puntualissimo Marco Vannini - sicuramente il massimo esegeta dell'opera eckhartiana in Italia, e senz’altro tra i più sensibili e autorevoli studiosi di mistica occidentale in tutta Europa - raccoglie 104 sermoni tedeschi del Maestro, ripresi e tradotti dalla grande edizione critica tedesca (Meister Eckart: Die deutschen und lateinischen werke) di Josef Quint (portata a termine, per la morte dello studioso, da Georg Steer), che è quella definitiva, la più completa, la più attendibile anche come datazione...





La grande edizione critica tedesca (Meister Eckart: Die deutschen und lateinischen werke) di Josef Quint (portata a termine, per la morte dello studioso, da Georg Steer), che è quella definitiva, la più completa, la più attendibile anche come datazione...








E già in questi Sermoni – sin dal primordiale Sermo Paschalis del 1294 - è contenuta la sintesi dell’insegnamento eckhartiano (che possiamo definire senza mezzi termini neognostico), e, di conseguenza, di quello della maggior parte delle correnti teologiche successive...

Nonché precorrono il nocciolo metafisico di quello spurgo da mistificazioni dogmatiche e fideismi religiosi che costituirà la base della filosofia moderna, dal Rinascimento in poi: l’inconoscibilità di Dio e la sua accessibilità solo per vie non razionali (che lo contrappone al razionalismo fideistico del credo ut intelligam e intelligo ut credam agostiniano e che riesuma improvvisamente dagli abissi dell’oblìo l’antica e gloriosa Scuola Gnostica – come, d’altronde, anche altri temi cari al Meister), la nascita di Dio nel profondo dell’anima, quindi l’immanenza del divino nel Sé, quindi la simbiosi tra umano e divino e quindi il divenire Dio dell’uomo stesso, il distacco dell’uomo giusto (o nobile) dal mondo e dalla materia, il rifiuto dell’amore e della cieca devozione e sottomissione quali tramiti privilegiati col divino, l’umiltà e la pietas d’ispirazione ebraico-cristiana ridimensionate in un’ottica decisamente più ‘aristocratica’, il concetto di vuoto e di nulla divino ovvero il concetto eckhartiano di povertà (<<L’uomo povero è colui che niente vuole niente sa niente ha>>) contrapposto al pienismo emotivo, sentimentalistico ed egotistico del cristianesimo paolino e decisamente incompatibile con l’intellettualismo agostiniano, etcetera etcetera...

Soffermiamoci un attimo sul tema del fondo dell’anima, sia perché è un argomento che a me personalmente interessa in modo particolare, e sia perché è senz’altro, insieme al ‘distacco’ ed alla ‘povertà’ (che sarebbe più o meno il corrispettivo cristiano della vacuità buddhista), il nodo essenziale del pensiero eckhartiano...


In che cosa consista questo fondo dell’anima (che sicuramente anticipa di circa seicento anni – pur essendone la perfetta antìtesi - il ‘Sé’ junghiano) ce lo spiega splendidamente lo stesso Vannini, in Meister Eckhart e “il fondo dell’anima” (Ed. Città Nuova, Roma, 1991): 
<<il concetto di “fondo dell'anima” indica innanzitutto il “luogo” della conoscenza di sé, nel quale scompaiono gli elementi accidentali e troviamo la nostra vera essenza, il nostro vero Sé; ma nello stesso tempo è il “luogo” della scoperta della realtà ultima, che è Dio. Nel pensiero di Eckhart l'essenza dell'anima non è l'inconscio, ma, al contrario, la ragione, il Logos. Scopriamo il “fondo dell'anima” attraverso il distacco — l'operazione, morale e intellettuale insieme, che conduce dall'anima allo spirito, dal determinismo alla libertà: in effetti, il “fondo dell'anima” è lo spirito, sintesi di intelletto e volontà, pienezza dell'umano. L'itinerario verso il “fondo dell'anima”, si configura cosí, da un lato, come la piú autentica analisi, capace di penetrare nel profondo del soggetto, scavando attraverso tutti i suoi legami; dall'altro però costituisce il cammino verso l'alto, secondo il precetto della sapienza classica, che ammoniva: “conosci te stesso e conoscerai te stesso e Dio”, e in armonia con l'esperienza spirituale cristiana, per cui “Dio mi è piú intimo di quanto io lo sia a me stesso…”>>









Marco Vannini, indubbiamente tra i massimi esegeti a livello mondiale del pensiero di Eckhart e non solo (diciamo più generalmente della mistica tedesca medievale), in Italia instancabile traduttore e curatore dell'opus eckhartiano...







E qui allungo il solito ‘ponte’ coi “siti fratelli”, come li chiamo io, cioè quei siti <<che come me si impegnano a diffondere la cultura nel Web>> – come ho precedentemente spiegato nel post di presentazione della mia ‘Biblioteca’: Ab Ovo (Introduzione) del 12 aprile 2013...
Ovvero, cito – molto volentieri – il sito L’uomo e il divino - filosofia a Bassano, ottimo frutto della collaborazione tra diversi gruppi di studenti e docenti dei comuni veneti di Bassano del Grappa e Cittadella (tra Padova e Vicenza) sull’indagine e la riflessione di un certo misticismo di derivazione prevalentemente cattolica, coinvolgendo anche altri campi, come per esempio il cinema...

Il sito contiene, tra le varie cose, anche un’ampia serie di articoli su Eckhart Meister Eckhart e il tema del distacco - con relative citazioni dai Sermoni Tedeschi e dai due trattati più importanti, Del distacco e Dell’uomo nobile...

Il link diretto agli articoli su Eckhart: 









Un'immagine tratta dal sito Il divino.altervista.org (o piuttosto: L'uomo e il divino - filosofia a Bassano), che ci mostra la tavola rotonda (sui temi sia di natura più squisitamente filosofica e teologica, sia di natura più prettamente "dogmatico-istituzionale", p.es. sul cristianesimo ai giorni nostri, etc.) svoltasi al Teatro Remondini di Bassano del Grappa il 23 aprile del 2008. L'incontro è stato praticamente organizzato nell'ambito di un progetto culturale e didattico in cui rientra il sito stesso di cui parliamo... Il primo a sinistra è proprio tra i docenti maggiormente impegnati nella realizzazione de L'uomo e il divino, Fabio Zanin, docente di filosofia a Bassano; gli altri, partendo da Zanin: il fisico Giulio Peruzzi, la pastora valdese Caterina Dupré e il teologo Vito Mancuso...




Da L'uomo e il divino - filosofia a Bassano riporto per intero un post intitolato Il fondo dell’anima, davvero molto interessante:


<<Dimora di Dio, luogo senza tempo, senza immagini, senza mediazione. 
La mistica di Eckhart è la liberazione dell’uomo dalla finitezza, liberazione dal suo legame con le cose, ottenuta attraverso il distacco, cioè lo svuotamento dell’anima da tutti i contenuti che derivano dall’Io, dall’attività della creatura.L’uomo deve essere privo di qualsiasi attaccamento, deve cominciare ad agire senza un perché, non deve volere qualcosa e superare, invece, tutto ciò che è legato alla sua soggettività, ai suoi desideri e alle sue passioni. 
“Bisogna prima di tutto abbandonare se stessi: così si abbandonano tutte le cose. In verità, se un uomo abbandonasse un regno o un mondo intero e mantenesse se stesso, non avrebbe abbandonato proprio niente” (Istruzioni Spirituali, citazione dalla prefazione di M. Vannini, pag. 17). 
Il distacco conduce l’anima, libera e povera, all’unione con la divinità, unione che avviene in quel fondo dell’anima che contiene la stessa scintilla divina.  
“Nelle cose temporali, lo spirito santo non può essere ricevuto né dato. Se l’uomo si distoglie dalle cose temporali e si rivolge in se stesso, scorge una luce celeste venuta dal cielo” (Convescens praecepit eis, ab Ierosolymis ne discederent etc..., pag. 95). 
Lo spirito divino quindi può generarsi nel fondo dell’anima che non può essere individuato in un punto preciso della coscienza. 
“È là dove non penetrò mai il tempo,dove non risplendette mai un’immagine: nella parte più intima ed alta dell’anima Dio creò l’intero mondo” (Predica verbum, pag.103).  
Eckhart usa l’espressione “fondo dell’anima”, a volte “scintilla” o “castello dell’anima” per indicare la parte più alta, profonda, essenziale in cui avviene l’unione con Dio (vedi prefazione di Vannini, nota 13, pag 17).  
Il fondo dell’anima è il luogo in cui Dio entra, in cui l’unione con Dio avviene senza immagini, senza contenuti finiti, senza mediazione.Il fondo dell’anima è la parte più intima del mio stesso Io; è l’impronta di Dio; è il seme nascosto: è l’essere dell’anima dove deve dominare il silenzio e la quiete, affinché Dio possa parlare per generare il Figlio.È necessario che la creatura, per permettere la nascita del Figlio nel fondo dell’anima, si liberi di tutto ciò che pensa di poter fare, per diventare uno con Dio e in Dio.Allora l’uomo si deve liberare di tutto ciò che conosce, dei timori, dei desideri, dei propri contenuti e anche dell’idea stessa di Dio, l’uomo cioè si fa vuoto di Dio, di ciò che sa di Lui, per lasciarlo parlare.Nel fondo dell’anima se Dio nasce come frutto di passioni va spazzato via, perché deve nascere solo come spirito. 
“L’uomo che ha abbandonato se stesso e tutte le cose , che non cerca in nessuna cosa il suo bene proprio, e che compie tutte le opere senza un perché e soltanto per amore, un tale uomo è morto per l’intero mondo e vive in Dio e Dio in lui” (Convescens.. pag. 97). 
L’unione con Dio, ci sottolinea Eckhart, avviene quando l’uomo abbandona tutto, si fa vuoto, diventa una tavoletta di cera pulita, e lascia che la parola di Dio fluisca nella sua anima. 
Ancora Eckhart ci dice che:“Il volto superiore che è la parte più alta dell’anima, sta nell’eternità e non ha niente a che fare con il tempo, non sa niente del tempo o del corpo” (Mulier... pag. 73).Il luogo dove l’uomo si unisce a Dio è slegato dal tempo, perché il tempo e lo spazio comportano il legame con le cose e le creature.Allora l’incontro tra Dio e l’uomo, nel fondo dell’anima, il dissolversi dell’uomo in Dio, la penetrazione di Dio nell’uomo, avviene in assoluta libertà, in una dimensione di eternità.Così Eckhart si esprime in “Scitote, quia prope est regnum dei”: 
“Niente ostacola l’anima nella conoscenza di Dio tanto quanto il tempo e lo spazio. Tempo e spazio sono parti, ma Dio è uno. (...) Dio non è né questo, né quello, come le molteplici cose terrene: Dio è uno” (pag. 182).  
Ancora Eckart ci dice che nel fondo dell’anima, avviene l’unione con Dio e con tutte le creature che sono in Lui, che si sono svuotate di ogni legame con il mondo e con l’io stesso. Le cose morte, senza significato vengono ritrovate in Dio nel momento del distacco e dell’unione con Lui.“Se tu cerchi il Padre, ovvero Dio solo, tu trovi, insieme a Dio, tutte le cose che egli può offrire” (Mulier… pag.73).  
“Questa piccola scintilla è così affine a Dio, che è un uno unico, senza distinzioni, che porta in sé le immagini originarie di tutte le creature, immagini senza immagine e al di sopra dell’immagine” (Ave, gratia plena... Pag.49).  
L’uomo quindi non deve cercare conoscenza, devozione, pace, ma solo la volontà di Dio . Allora l’anima deve abbandonarsi a Dio, spoglia e nuda, senza ogni mediazione. Nel Fondo dell’anima non vi è spazio per la mediazione, l’uomo non può giungere a Dio attraverso qualcosa: piacere, paura, fiducia, privazione..., ma solo accettando la volontà di Dio con mitezza e umiltà.L’anima che dimentica se stessa e si perde, ritrova se stessa in dio.Come avviene l’unione con Dio: 
“C’è una potenza nell’anima, l’intelletto, che fin dall’inizio, appena prende coscienza di Dio o lo gusta , ha cinque proprietà” ( Scitote……pag. 189). 
  • Essere libera dal qui e dall’ora, fuori dal tempo e dallo spazio. 
  • Non avere somiglianza con niente, non può entrare niente e non è attaccata a niente. Dio non può essere simile a niente. 
  • È pura e senza commistione. 
  • È sempre interiormente in cerca e operante. Dio abita nel più profondo e l’intelletto ricerca dentro, nell’interno. 
  • È un’immagine e per questo legata all’uno e a Dio. È come la luce che scaturisce dal sole. 

Ecco perché nell’uomo interiore, nell’uomo nobile, nel fondo dell’anima:“Conoscere Dio ed essere conosciuti da Dio, vedere Dio ed essere visti da Dio sono una sola cosa in realtà” Videte, qualem caritatem dedit nobis Pater,ut filii Dei nominemur et simus

Fonti: “I Sermoni Tedeschi”, Milano 1985...>>



Prima di passare al secondo dei volumi di Eckhart che sto presentando, segnalo un altro sito molto interessante, dove sono contenuti i testi di una buona selezione dei Sermoni di Eckhart. Una fonte pubblica cui attingere facilmente, utilissima per chi volesse approfondire Eckhart.

Il sito si chiama: In quiete - Il sito di Gianfranco Bertagni:
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MEISTER ECKHART 
Commento al Vangelo di Giovanni  
Città Nuova Editrice 
Roma, 1992 
Introduzione, Traduzione, Note e Indici 
a cura di Marco Vannini 

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TITOLO ORIGINALE

MEISTER ECKHART
Magistri Echardi Expositio Sancti Evangelii secundum Iohannem  
1311 / 1313 





<<Dunque l'idea è "luce nelle tenebre", cioè nelle cose create, ma non inclusa in esse, non mescolata con esse, non compresa da esse. Perciò, dopo aver detto "la luce risplende nelle tenebre", aggiunge: "e le tenebre non l'hanno compresa" (Gv 1,5). E questo è quel che si dice nel Liber de causis: "la causa prima regge tutte le cose senza mescolarsi ad esse". La causa prima di ogni cosa è l'idea, il logos, il Verbo nel Principio...>>  
MEISTER ECKHART, dal Commento al Vangelo di Giovanni, Città Nuova Editrice, Roma, 1992 - Introduzione, Traduzione, Note e Indici a cura di Marco Vannini


<<Perché il Verbo sia, ce lo insegna il passo che segue: "Questo era in principio presso Dio". In generale, infatti, il fine è lo stesso del principio. Non ha un perché, ma esso stesso è il perché di tutto e per tutto, secondo Ap. 1, 8: "Io sono principio e fine"...>>  
MEISTER ECKHART, dal Commento al Vangelo di Giovanni, Città Nuova Editrice, Roma, 1992 - Introduzione, Traduzione, Note e Indici a cura di Marco Vannini









Il Papiro 66 o Papiro Bodmer II, conenente quasi per intero il Vangelo di Giovanni. Ovviamente in lingua greca, è tra i più antichi reperti neotestamentari ed è stato datato paleograficamente intorno al 200. Fu scoperto nel 1952 a Jabal Abu Mana presso Dishna, in Egitto, e pubblicato nel '56. Attualmente è conservato nella Biblioteca Bodmeriana a Ginevra...






<<Il Commento al Vangelo di Giovanni - la più ampia e significativa delle opere latine di Eckhart...>> 
...Come sottolinea Marco Vannini nell’Introduzione... 
<<Ci è pervenuto in due manoscritti: il primo, a Cues, biblioteca dell'ospizio, di proprietà di Niccolò Cusano, composto intorno al 1444 e contenente quasi tutti gli scritti latini del Maestro domenicano, fu scoperto da Denifle nel 1886; il secondo, nella Staatsbibliothek di Berlino, sempre risalente al XV secolo e contenente soltanto l'opera in questione, è stato scoperto nel 1934 da Karl Christ, curatore - insieme a Josef Koch - dell'edizione critica del testo...>>
Si è dovuto quindi attendere il XIX secolo, per riesumare – o piuttosto per render pubblica - quest’opera di importanza tutt’altro che secondaria. Di importanza tutt’altro che secondaria: sia  perché, come già accennato sopra, è considerata unanimemente (beh, Vannini, quando si tratta di Eckhart, è l’unanimità – pochi, credo, almeno in Italia, posseggono una competenza pari alla sua relativamente al pensiero eckhartiano) “la più ampia e significativa delle opere latine” del Meister, e sia perché il Vangelo di Giovanni è forse, tra gli scritti neotestamentari, proprio quello cui Eckhart era maggiormente legato sotto un profilo concettuale, quello più citato nei suoi Sermoni, quello sicuramente più indicato tra le chiavi decodificative del pensiero eckhartiano... 

Il Logos (il “verbo”) del celeberrimo incipit giovanneo, d’altronde, coincide perfettamente con quella “parola generata nell’anima” che è tra le più ricorrenti e luminose ‘ossessioni’ del Maestro, e che – splendido paradosso tutto eckhartiano, centrato in pieno dall’infallibile Vannini – avviene nel silenzio e a partire dal silenzio…






Una rappresentazione del Vangelo di Giovanni, dall'Evangelario di Lindisfarne, un prezioso libro miniato secondo lo stile cosiddetto insulare o iberno-sassone e con 'maiuscole irlandesi', secondo l'usanza delle isole britanniche nel periodo tra il 600 e il 900 circa. Fu composto nel monastero di Lindisfarne, probabilmente dal vescovo Eadfrith, tra il 698 e il 721, e attualmente si trova presso la British Library a Londra...




Come scrive, appunto, Vannini: 
<<La generazione della Parola, del Verbo, nell'anima è uno dei tratti più noti e importanti del pensiero di Eckhart, ed è interessante sottolineare il suo rapporto col silenzio. (...) La generazione della Parola avviene nel silenzio e a partire dal silenzio: «Dormi di fronte a tutte le cose; il che significa che non devi sapere niente né sul tempo, né sulle creature, né sulle immagini.» Sia pure brevemente, anche qui Eckhart ripete la sua dottrina del distacco/silenzio rispetto a tutte le creature, la temporalità, le immagini, come condizione primaria della generazione della Parola…>>
Quel Logos, quella Parola, che - come puntualizza sempre Vannini nell’Introduzione – nasce...  
<<Nell’anima, e si delinea così una figura: quella dell'uomo giusto, dell'uomo nobile, del Figlio. Intorno a questo, che è il vero centro della riflessione eckhartiana, si sviluppa tutta la ricchissima spiegazione del testo, nei suoi aspetti multiformi, a volte anche strettamente "tecnici"...>>


Quindi - ancora il Curatore: 
<<Il testo giovanneo permette al Maestro domenicano di sviluppare appieno la sua dottrina della generazione del Figlio nell’anima del cristiano, che, in quanto uomo giusto, uomo buono, homo nobilis, partecipa alla vita stessa del Logos. Tale dottrina, essenziale in Eckhart e presente anche in altre sue opere, è qui svolta in tutte le sue implicazioni filosofiche, e dunque in riferimento sia alla tradizione platonico-agostiniana, sia all’aristotelismo e al tomismo...>>







Maria Madd... ehmm, pardon, Giovanni Evangelista secondo il pennello del Giampietrino (attivo a Milano tra il 1508 e il 1549), splendido gioiellino tuttora conservato a Milano, presso la Pinacoteca Ambrosiana...







Un’opera – questo Commento al Vangelo di Giovanni – da molti frettolosamente sottovalutata e liquidata come semplice esegesi - rispetto alla produzione 'filosofica' ufficiale del Maestro… Eppure, continua Vannini nell’Introduzione:
<<È indubitabile (…) che l'impianto di fondo del pensiero di Hegel sia intimamente ed essenzialmente eckhartiano. Proprio dopo aver letto il Commento al Vangelo di Giovanni, fanno profonda impressione certe pagine della Fenomenologia dello Spirito, senza per questo voler costruire un Eckhart hegeliano o un Hegel eckhartiano (…) Al lettore scoprire il peso di Eckhart nella cultura filosofica e letteraria moderna, nonché le affinità notevolissime e i percorsi molto simili tra Eckhart e alcune correnti del pensiero orientale. Che l'insegnamento del Maestro domenicano non abbia niente da invidiare a quello dei maggiori maestri di spiritualità di ogni religione pare evidente proprio da questo Commento, un testo in cui confluisce e si fonde mirabilmente la migliore tradizione ellenica con quella biblica: il Vangelo del Logos che si fa Pneuma, della ragione che si fa Spirito...>>






Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770-1831) - che non ha certo bisogno di presentazioni; afferma Vannini: <<È indubitabile (…) che l'impianto di fondo del pensiero di Hegel sia intimamente ed essenzialmente eckhartiano. Proprio dopo aver letto il Commento al Vangelo di Giovanni, fanno profonda impressione certe pagine della Fenomenologia dello Spirito, senza per questo voler costruire un Eckhart hegeliano o un Hegel eckhartiano>>...







Concludo qui, con un articolo molto interessante di Licio Zuliani, intitolato Una nota sul Logos in Meister Eckhart e postato nell'ormai mitico Superzeko.net... 
((Un giorno dovrò chiedere al buon Dario Chioli la 'ricetta' per rendere 'appetibile al popolo' un <<sito dedicato alla ricerca interiore, alla letteratura e all'arte>>, e che <<contiene una notevole quantità di materiali relativi alle tradizioni occidentali ed orientali>> e il cui <<scopo è di perseguire un nuovo modello di umanesimo illuminato, che oltrepassi i limiti e le rigidezze delle religioni e delle ideologie oggi esistenti...>>, e che oltretutto è decisamente privo di orpelli e "gigionamenti" grafici e stilistici... Forse qualche santo in Paradiso, già che siamo in tema, o l'italiano medio di macciocapatondesca memoria si prepara davvero all'estinzione?))...

Eccovi il link:






Ed ecco il post di Licio Zuliani:



<<Sintetizzare il pensiero di Eckhart non è facile: se un pensatore della sua forza ha usato tanta pergamena per spiegarsi, un valido motivo ben ci sarà. Comunque sia, tanto per cominciare, tenterò di esprimere con  mie parole il suo commento al famoso incipit del Vangelo di Giovanni, da “In principio era il Verbo” a “e le tenebre non l'hanno compresa”.  
- In principio era il Verbo, 
La concezione eckhartiana del Logos/Verbo poggia sulla certezza che ciò che viene prodotto da un qualsivoglia produttore, dal comune artigiano a Dio, preesiste nel produttore come idea e parola (logos).  
Di conseguenza non meraviglia che Meister Eckhart sia da molti considerato un neo-platonico in ritardo. Ma la verità ha forse un tempo? O non è, sempre, qui ed ora? Molti hanno del resto riscontrato  sorprendenti consonanze anche tra le concezioni di Eckhart e quelle dell’indiano Shankarâcârya, massimo teorico e commentatore vedantino dell’ottavo-nono secolo d.C., del quale è presumibile Eckhart non potesse avere conoscenza.  
Scrive poi Giovanni:  
- e il Verbo era presso Dio,  
Nella medesima concezione di produttore-prodotto, una cosa che procede da un’altra è distinta da essa ma denota anche una certa uguaglianza. Ma qui Eckhart va oltre ed afferma che in questo tipo di realtà univoca, non analogica, il prodotto è sempre uguale al produttore. Perciò quello che procede è figlio del  produttore-padre nonché della medesima natura, che riceve integralmente dal suo principio. Per questo subito dopo è scritto:  
- e il Verbo era Dio.   
Il Figlio/Verbo quindi, anche se nella sua manifestazione mondana può essere distrutto, permane nel Padre da sempre e per sempre, e sempre nasce e sempre è nato:  
- Questo era nel principio appresso Dio.  
E questo è anche ciò che indica il tempo imperfetto "era", che rappresenta la continuità.  
Per inciso, come in tutte le questioni che riguardano il trascendente, un atto di fede è indispensabile, è la roccia sulla cui base costruire. Se aprioristicamente non crediamo in Dio, nel Principio trascendente infinito, tutto si oscura ed anche la logica più stringente è vana.  
Qui siamo tuttavia lontani da concezioni fideistiche emotive ed irrazionali. Le verità trascendenti, nella esposizione eckhartiana come in quella di altri grandi maestri della spiritualità, possiedono una straordinaria corrispondenza razionale, che personalmente trovo interamente condivisibile.  
- Per mezzo di lui sono state fatte tutte le cose, e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che è stato fatto.  
Il produttore-artigiano possiede nella sua mente l’idea, il concetto, la parola tramite cui crea il prodotto; in mancanza di ciò nulla può fare.  
- In lui era la vita, 
In lui era l’idea vivente del progetto. 
- e la vita era la luce degli uomini. 
 Qui il paragone con l’artigiano trova la sua piena corrispondenza e giustificazione. Dice Eckhart: «La parola, in quanto idea, appartiene alla facoltà razionale, che è propria dell’uomo… perciò il Verbo non è solo vita, ma quella vita che è luce degli uomini», che è quanto dire che il Figlio è vero uomo e vero Dio.  
- E la luce risplende nelle tenebre.  
Qui Eckhart si diffonde sul Verbo, luce degli uomini, l’unica che risplende nelle cose create e a risplendere della quale sono le sole idee. Nulla di realmente buono si può ricavare dalla realtà manifestata qualora sia separata dal suo Principio, perciò è scritto:  
- e le tenebre non l’hanno compresa.  
Il Verbo, Logos o Idea delle cose, si trova in esse e tuttavia completamente al di fuori. Difatti, anche quando la realtà manifestata si corrompe, permane immobile la sua Idea. È quindi l’Idea la luce che risplende nelle tenebre, cioè nel manifestato; ma la luce non è compresa nelle cose, vera notte quando separate dal loro Principio, il Logos/Verbo.  
Tutto ciò è in accordo con tutte le dottrine tradizionali, ed è forse proprio questo il motivo della condanna comminata a suo tempo dalla Chiesa a Meister Eckhart con la bolla In agro dominico (il nostro era domenicano).
Quando una dottrina si trasforma in religione essa si rivolge, giustamente,  a tutti i fedeli senza distinzione. E forse Meister Eckhart ha avuto il torto di offrire le sue perle coram populo, solo Dio lo sa, però noi oggi vediamo di farle fruttare e di non gettarle ai porci…>>



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MEISTER ECKHART 
Dell'uomo nobile. Trattati  
Piccola Biblioteca Adelphi 
Milano, 1999 
A cura di Marco Vannini 

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TITOLO ORIGINALE: 

MEISTER ECKHART
Von dem Edeln Menschen  
1308 / 1318 -





<<Chi è dunque più nobile di colui che è nato, da una parte dall'elemento più alto e migliore della creatura, dall'altra dal fondo più intimo della natura divina e della sua solitudine? Io voglio condurre l'anima nobile nella solitudine, e là parlerò al suo cuore - dice il Signore attraverso il profeta Osea -. Uno con l'Uno, uno dall'Uno, uno nell'Uno e, nell'Uno, eternamente uno…>>  
MEISTER ECKHART, dal trattato Dell’uomo nobile, in Meister Eckhart, Dell’uomo nobile. Trattati, Piccola Biblioteca Adelphi, Milano, 1999 - A cura di Marco Vannini

<<Io lodo il distacco più dell'amore. Perché l'amore - e questo è il suo lato migliore - mi obbliga ad amare Dio; mentre il distacco obbliga Dio ad amare me...>>    
MEISTER ECKHART, dal trattato Del distacco, in Meister Eckhart, Dell’uomo nobile. Trattati, Piccola Biblioteca Adelphi, Milano, 1999 - A cura di Marco Vannini

<<Infatti l'uomo deve essere uno in se stesso e cercare l'uno in sé e nell'Uno, e riceverlo nell'Uno, ovvero unicamente contemplare Dio e ritornare, ovvero sapere e riconoscere che si ha un sapere ed una conoscenza di Dio…>>    
MEISTER ECKHART, dal trattato Dell’uomo nobile, in Meister Eckhart, Dell’uomo nobile. Trattati, Piccola Biblioteca Adelphi, Milano, 1999 - A cura di Marco Vannini

<<Nulla sa più di fiele del soffrire, e nulla sa più di miele dell'aver sofferto; nulla di fronte agli uomini sfigura il corpo più della sofferenza, ma nulla davanti a Dio abbellisce l'anima più dell'aver sofferto. Il più saldo fondamento su cui può sorreggersi questa perfezione è l'umiltà, giacché lo spirito di colui la cui natura striscia quaggiù nella più profonda bassezza, si innalza in volo verso le supreme altezze della Divinità…>>    
MEISTER ECKHART, dal trattato Del distacco, in Meister Eckhart, Dell’uomo nobile. Trattati, Piccola Biblioteca Adelphi, Milano, 1999 - A cura di Marco Vannini








No, non è un mandala, come quelli che accompagnano lo scorrere delle pagine di questo blog (slideshow sulla destra, al centro del pannello verde, appena sotto "Insights")... È invece una delle splendide illustrazioni del Liber Divinorum Operum (Libro delle Opere Divine) della grande mistica, esoterista e naturopata renana Hildegarde Von Bingen (1098 - 1179)... Un gioiellino scritto e illustrato dalla stessa Hildegarde fra il 1163 e il 1174, dove sono raccolti in sintesi concezioni, speculazioni, visioni, profezie e resoconti della teologia e della cosmologia hildegardiana, tra i capolavori assoluti della letteratura mistica ed esoterica di tutti i tempi, forse la prima effettiva "testimonianza" storica del cosiddetto o.b.e. (out of body experience: letteralmente "esperienza fuori del corpo", più comunemente 'viaggio astrale'), nonché anticipatore di temi futuri, quali l'uomo vitruviano di Leonardo da Vinci ben quattro secoli più tardi, o i "viaggi interdimensionali" e la dottrina delle corrispondenze di Emanuel Swedenborg sei secoli dopo... Il Liber Divinorum Operum attualmente è conservato presso il Museo Statale di Lucca...









Questo volume, edito da Adelphi e come al solito tradotto e curato da Marco Vannini, raccoglie i quattro trattati conosciuti di Meister Eckhart: Istruzioni spirituali, Del distacco, Il libro della consolazione divina (noto anche come Liber Benedictus) e Dell’uomo nobile. Si tratta di una tappa importantissima - una sorta di 'età adulta' circoscritta nel decennio 1308-1318 - dell'opera eckhartiana, che concentra e rassoda in veri e propri mausolei le precedenti orazioni più schiette e frammentate, retoricamente più 'encandescenti' ma filosoficamente più 'acerbe'. Anche se Istruzioni spirituali e il Liber Benedictus non mostrano ancora il segno effettivo di questa maturità filosofica (decisamente ancora prettamente didascalici e pregni di citazionismi e allegorie propri dell'oratoria cristiana), i due trattati Del distacco e Dell'uomo nobile sono invece talmente perfetti da poter essere considerati senza ombra di dubbio i capolavori di Eckhart, i momenti più elevati e sublimi del suo genio, nonché tra i più fulgidi gioielli del pensiero tedesco medievale...

La potenza di questi trattati e soprattutto l'incredibile originalità fanno di Eckhart un pensatore tutt'altro che proveniente dall'ortodossia cristiana, anzi direi persino ascrivibile senza difficoltà nelle fila del sincretismo religioso propriamente detto...

Come spiega lo stesso Vannini sul suo sito personale: 
<<I quattro trattati raccolti in questo volume - Istruzioni spirituali, Del distacco, Il libro della consolazione divina e Dell'uomo nobile - attingono alla grande tradizione medioevale, da Origene ad Agostino ad Avicenna, ma solo per introdurre il percorso originalissimo di Eckhart, proteso all'evento unico della Nascita: la nascita eterna di Dio nel fondo silenzioso dell'anima. La virtù suprema che dispone l'anima a tale evento è il distacco, che, svuotando il pensiero di ogni contenuto, obbliga Dio a scendere in noi con la necessità di una legge fisica, allo stesso modo in cui un liquido viene attratto in un contenitore vuoto - giacché  “essere vuoto di ogni creatura è essere pieno di Dio, ed essere pieno di ogni creatura è essere vuoto di Dio”. E, come ammonisce Eckhart con quel forte, incandescente gesto che fa vibrare dalle fondamenta il linguaggio dei trattati: “Nulla sa più di fiele del soffrire, e nulla sa più di miele dell'aver sofferto; nulla di fronte agli uomini sfigura il corpo più della sofferenza, ma nulla davanti a Dio abbellisce l'anima più dell'aver sofferto. Il più saldo fondamento su cui può sorreggersi questa perfezione è l'umiltà, giacché lo spirito di colui la cui natura striscia quaggiù nella più profonda bassezza, si innalza in volo verso le supreme altezze della Divinità”. Chi realizza dunque questo distacco è l' «uomo nobile» di cui parla il Vangelo: come la Grande Aquila di Ezechiele, egli sale verso il Regno al di là delle forme e delle immagini e ne prende possesso, per riportarne sulla terra il nocciolo prezioso e indistruttibile…>>








Il grande filosofo, medico e scienziato persiano Ibn Sinā o Avicenna (980 - 1037) in una miniatura probabilmente del XII-XIII secolo. Considerato il "padre" della medicina moderna occidentale, nonché tra i fondatori della filosofia della scienza come la intendiamo oggigiorno, Avicenna fu l'unico pensatore musulmano - insieme all'arabo spagnolo Averroè (1126 - 1198) a venir ammesso senza riserve e razzismi di sorta nel gotha del pensiero cristiano anche in pieno integralismo medievale... Non solo: influenzò notevolmente sia la filosofia che la ricerca scientifica neoplatonica e neoaristotelica cristiana da Alberto Magno e Tommaso d'Aquino in poi, e fu senz'alcun dubbio tra i maestri ed ispiratori di Meister Eckhart (e in buona parte di tutta la mistica renana), che gli fu debitore in particolare relativamente alla teoria della distinzione tra essenza ed esistenza e dell'essenza dell'anima...






Anche se - come scrive la nota germanista bergamasca Amelia Valtolina -   
<<Non è una novità, è ben vero, che l’uomo debba distaccarsi dal mondo per congiungersi a Dio – questo già era stato asserito prima di Eckhart.>> 
Ma è anche vero - secondo la stessa Valtolina: 
<<Che quest’uomo distaccato si faccia uguale a Dio – anzi costringa Dio a venire verso di lui –, questo suona ancora oggi come uno scandalo. “Sappi per vero” – sentenzia Eckhart ispirandosi ad Avicenna – “che lo spirito libero, quando permane in un autentico distacco, costringe Dio a venire al suo essere, e, se potesse permanere senza forma e senza accidente alcuno, assumerebbe l’essere proprio di Dio (...) Questo distacco immutabile conduce l’uomo alla più grande uguaglianza con Dio”. È nel segno del Nulla sorto dal completo distacco che Dio e l’uomo diventano uno, in quel “silenzioso deserto della divinità” che ancora a Gottfried Benn appariva come supremo ideale etico ed estetico – sicché l’essere, così concepito, si rovescia nel suo contrario, il nulla...>>










Distacco dal mondo, congiunzione al divino, o persino simbiosi tra uomo e Dio... Michelangelo, nel 1511 presso la Cappella Sistina, con la scusa di rappresentare la creazione di Adam Qadmon, in realtà raffigurò in modo emblematico e impeccabile Dio che si lancia verso l'uomo per fondersi con lui... Che è poi, in effetti, il vero significato originario della metafora adamitica, in seguito storpiato dai vari dogmatismi religiosi... 




Segnalo pure il commento di Gianfranco Ravasi, sul Sole-24 Ore del 9 maggio 1999: 
<<Ci imbattiamo in quattro trattatelli dalle tonalità mutevoli e talora pervasi da un'inquietudine che sembra quella che agita l'uomo moderno. Si comincia di sera, in un convento ove “fratello Eckhart rivolge ai suoi novizi che gli propongono numerose questioni” le sue “istruzioni spirituali”. Si passa, poi, a una specie di sintesi del suo pensiero (forse deutero-eckhartiana), modulata sul tema del “distacco”. Si entra successivamente in uno scritto della piena maturità del Maestro, quel Libro della consolazione divina che gli costò le prime accuse di eterodossia e che, forse per questo, è in finale suggellato da una vena polemica nei confronti delle menti rozze che equivocano sul messaggio di un testo colmo di serenità, pur nella tempesta dell'anima. Infine, ecco il trattato Dell'uomo nobile, che è usato come titolo generale dell'attuale tetralogia, titolo che ammicca all'incipit della parabola evangelica di Luca 19,12-27: "Un uomo nobile partì per un paese lontano...". Umiltà, povertà, distacco, nobiltà interiore sono le virtù attraverso le quali l'uomo diventa figlio nel Figlio, Cristo Gesù. Vannini nella sua essenziale ma acuta premessa fa balenare l'iridescenza di un pensiero mobile, il fascino ma anche i rischi, le ebbrezze e le vertigini; non ignora anche gli effetti devastanti di certe radicalizzazioni che gli epigoni e persino certi discepoli ‘anonimi’ (cioè in-consapevoli) moderni hanno elaborato sulle matrici eckhartiane. Per altro, il Maestro anticipava prospettive che solo secoli dopo si sarebbero aperte. Basti pensare al tema del rapporto tra l'Assoluto e il Nulla o leggere frasi come queste di sapore pre-luterano: “Non si pensi di fondare la santità sulle opere, la santità va fondata sull'essere, giacché non sono le opere che ci santificano, siamo noi che dobbiamo santificare le opere. Per sante che siano le opere, esse non ci santificano assolutamente in quanto opere, ma, nella misura in cui siamo santi e possediamo l'essere”…>>










Il cardinale Gianfranco Ravasi, presenza alquanto insolita, innovativa e illuminante nell'ambito della chiesa cattolica, rappresenta per molti versi il ponte ideale tra la tradizione ecclesiastica (decisamente ripiegata su se stessa) e l'attuale ricerca sul cosiddetto "Gesù storico" (di cui auspica <<un'integrazione nella stessa teologia in un incrocio delicato ma necessario>>), e comunque una tra le poche "menti lucide" dell'attuale establishment cattolico...







Distacco, quindi, forse il tema prediletto da Meister Eckhart: che non è semplicemente l'isolazionismo mistico proprio del monaco, né il semplice rifiuto dei beni materiali etcetera. Ma molto di più, indubbiamente. Piuttosto un “distacco” propedeutico al legame che unisce l'umano col divino e il cui fine ultimo è la realizzazione di una vera e propria simbiosi, l'uomo che si perde tra le braccia di Dio non per suggellare la propria sottomissione al Padre creatore, ma, al contrario, per divenire Dio stesso. Che per un normale cristiano odora di bestemmia. Più che ovvie, quindi, le reazioni della chiesa dei suoi tempi, il conseguente processo per eresia e la postuma condanna papale definitiva – revocata appena nel '92...
<<L'uomo che si è distaccato da se stesso, è così puro che il mondo non può sopportarlo...>> 
Già, appunto…

Distacco, oltretutto, quello propugnato da Eckhart, che di per sè, oggettivamente, ha ben poco di cristiano. Somiglia di più senz'altro alla vacuità buddhista o al wu taoista che non all'abnegazione cristiana:
<<Essere vuoto di ogni creatura è essere pieno di Dio, ed essere pieno di ogni creatura è essere vuoto di Dio...>>
E ancora:
<<L'uomo veramente ‘povero’ è colui che niente vuole, niente sa, niente ha (...) Finché avete la volontà di compiere la volontà di Dio e avete il desiderio dell’eternità e di Dio, voi non siete davvero poveri. Infatti è un vero povero soltanto colui che niente vuole e niente desidera...>> 










Il tarocco n. 9L'Eremita, nel più bel mazzo di carte del mondo, il Tarocco Visconti-Sforza, del XV secolo, che nel linguaggio esoterico raffigura proprio il distacco dal mondo materiale attraverso l'ascesi e il controllo assoluto di emozioni e sentimenti per ottenere la Saggezza, la Gnosi e l'Immortalità...






CONCLUSIONI
                                       
Per concludere, riporto integralmente ben volentieri un bellissimo - e pienamente (da me) condivisibile - post intitolato Misticismo: Meister Eckhart firmato Sinicus dal blog Buddhismo e meditazione...

Meister Gautama...







<<Anni fa due miei compaesani vollero portarmi a conoscere due preti o frati (mi sembra frati) che tenevano la parrocchia di Gattaiola e avemmo una tranquilla discussione che il più autorevole dei due sembrò concludere con l’affermazione di “essere innamorato di Gesù”, affermazione ad effetto che ho sentito fare anche da altre persone. 
(...) 
Benché l’affermazione di quel frate mi colpisse allora in senso negativo, a oggi non mi stupisco più di tanto poiché capisco che la passionalità gioca un ruolo importante in questo mondo e si infiltra, sotto forma di ‘afferramento’, in molte pratiche di tipo religioso. 
Si vuole dare un senso alla propria pratica piuttosto che no, riempirla di contenuti e di ‘amore’ piuttosto che no, arricchire la propria vita. 
Ovviamente si sa che quello che facciamo noi ‘meditatori’ è invece scarno, povero e volto piuttosto ad eliminare gli arricchimenti e i contenuti invece che no e che questo deriva dalla tradizione e metodologia buddhiste che parlano di impersonalità e di assenza di sostanza reale nel mondo, sostituite da una dipendenza generalizzata e instabile di tutte le cose rispetto a tutte le cose. 
Però non si tratta qui di rimarcare le differenze che pure vi sono e notevolissime, quanto di vedere come, non nella dottrina ufficiale della Chiesa cattolica o protestante, ma nelle sue frange periferiche di mistici e contemplativi vi siano concordanze con le pratiche buddhiste più avanzate. 
E questo può essere un servizio per tutti poiché c’è tanta ignoranza (nel senso di non-conoscenza) di quello che è il percorso dei mistici cristiani, sempre visti con sospetto dalla Chiesa ufficiale. 
(...) 
Il caso di Eckhart, vissuto fra il 1260 e il 1328, è davvero emblematico del destino della mistica cristiana quale compimento dell’esperienza religiosa e del suo superamento. 
Egli fu infatti un domenicano, membro di un Ordine che era nato per la difesa dell’ortodossia, e anche maestro a Parigi, dunque ai vertici dell’istituzione ecclesiastica; ciò nonostante subì un processo e una condanna per eresia. 
Il magistero eckhartiano consiste in effetti nel far comprendere che non c’è un Dio lassù mentre noi stiamo quaggiù, ma che Dio e io siamo una sola cosa. 
Non riecheggia questo la celebre frase di Nagarjuna riguardo al Nirvana buddhista (sostituendo a Dio la parola Nirvana o realtà ultima o qualunque altro nome come talità, la concordanza è stupefacente)? 
“Qualunque sia il limite del Nirvana, quello è il limite dell’esistenza ciclica (samsara)”. 
“Non c’è nemmeno la più piccola differenza fra loro e nemmeno la cosa più sottile” (Nagarjuna, Mulamadhyamakakarika 25). 
È chiaro che in effetti l’affermazione di Eckart non poteva non restare sospetta di eresia alla Chiesa che sostiene che Dio è creatore esterno all’Universo. 
In contrasto a un modo di vivere appassionato, Eckart sostiene in uno dei suoi sermoni più famosi (Beati pauperes spiritu), il NON-VOLERE. 
Egli afferma che uomo veramente "povero" è “colui che niente vuole, niente sa, niente ha”. 
‘Niente vuole’ ricorda una delle Tre Porte alla Liberazione del Buddhismo, chiamata Aprannihita o ‘senza-direzione’, ‘senza desiderio’: si evita cioè di pensare di dover raggiungere qualcosa. 
E ‘niente sa’ non si riferisce, ovviamente, a non sapere niente (Eckhart stesso era estremamente sapiente e istruito ) quanto a non farsi concezioni mentali di questo e di quello. 
Eckhart afferma anche qualcosa che stupirà il credente: il non-volere non significa volersi conformare alla volontà divina. Quelli che pensano così: 
“Vengono stimati molto dalla gente che non conosce niente di meglio ma io dico che sono degli asini, che non comprendono niente della verità divina… Se ora uno mi chiedesse cos’è dunque un uomo povero che niente vuole, risponderei così: finché l’uomo ha questo in sé, CHE È SUO DOVERE COMPIERE LA DOLCISSIMA VOLONTÀ DI DIO, un tale uomo non ha la povertà di cui vogliamo parlare: INFATTI EGLI HA ANCORA UN VOLERE, con cui vuole soddisfare la volontà di Dio, e questa non è la vera povertà. Se l’uomo deve avere vera povertà, deve essere così vuoto della propria volontà creata come quando non esisteva. Perciò io vi dico nella volontà eterna: FINCHÉ AVETE LA VOLONTÀ DI COMPIERE IL VOLERE DI DIO e avete il desiderio dell’eternità e di Dio, voi non siete davvero poveri. Infatti è un vero povero soltanto colui che niente vuole e niente desidera”.  
È notevole come ciò riecheggi il ‘non-agire’ daoista o appunto il senza-direzione o senza-scopo antico buddhista. Risulta chiaro, dice Vannini, che Eckhart sottolinea che la volontà di conformarsi alla volontà divina È ANCORA UNA VOLONTÀ, e dunque di nuovo “un aggrapparsi all’io personale che si ritiene importante” (“salvate anime!” dice Siria!). 
Ciò vale, dice sempre Vannini, per tutta la cosiddetta mistica del sentimento o dell’amore perché il cosiddetto amore di Dio e la volontà di Dio sono in realtà l’amore dell’io e la volontà propria. Si noti, dice ancora Vannini, come nelle parole del maestro domenicano, venga colto il legame tra desiderio di fare la volontà di Dio e desiderio dell’eternità e di Dio, ovvero di qualcosa che soddisfi i propri bisogni e le proprie aspirazioni. 
Straordinariamente, dico io, questo va a concordare con quanto diceva il Buddha nel Brahmajala Sutta dove egli prendeva in osservazione tutti i possibili punti di vista religiosi o metafisici per concludere che tutti derivano “dalla sensazione”, cioè dalla possibilità di creare una sensazione piacevole e appagante in qualcuna di queste teorie. Sempre in contrasto con le varie teorie dell’amore, Eckhart afferma più volte: Homo divinus nihil amat , ‘l’uomo divino non ama niente’!...>>





(22 ottobre 2013)
jun-zi guan









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