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giovedì 13 marzo 2014

7. CARL GUSTAV JUNG. Il Libro Rosso / Liber Novus (2009)




CARL GUSTAV JUNG 

Il Libro Rosso / Liber Novus
(2009)








CARL GUSTAV JUNG 
Il Libro Rosso / Liber Novus 
Bollati Boringhieri 
Milano, 2010 
A cura / Introduzione di: 
Sonu Shamdasani 
Traduzione dal tedesco: 
Sonu Shamdasani 
Traduzione dall’inglese: 
Anna Maria Massimello,
Giulio Schiavoni, Giovanni Sorge 

*   *   *

EDIZIONE ORIGINALE:

C.G. JUNG 
Das Rote Buch - Liber Novus 
in "Stiftung der Werke von C.G. Jung" 
Patmos-Verlag 
Zurich, 2009 

*   *   *   

PRIMA EDIZIONE INTEGRALE:

C.G. JUNG 
The Red Book - Liber Novus 
in "Philemon Series" 
The Philemon Foundation & W. W. Norton & C. 
 New York, 2009 









<<Devo liberare da Dio il mio Sé, poiché il Dio che ho conosciuto è più che amore, è anche odio; è più che bellezza, è anche ripugnanza; è più che sapienza, è anche assurdità; è più che forza, è anche impotenza; è più che onnipresenza, è anche la mia creatura…>>

<<Vivere se stessi significa essere un compito per se stessi. Non puoi mai dire che vivere per se stessi sia un piacere. Non sarà una gioia, ma una lunga sofferenza, perché devi farti creatore di te stesso…>>


<<Lo spirito del profondo ha soggiogato tutto l'orgoglio e l'arroganza al potere del giudizio. Esso ha portato via la mia fede nella scienza, mi ha rubato la gioia di spiegare e ordinare le cose, ha fatto morire in me la devozione agli ideali di questo tempo. Esso mi ha costretto giù verso le ultime e più semplici cose. Lo spirito del profondo ha preso la mia capacità di comprendere e il mio sapere, e li ha messi al servizio dell'inesplicabile e del paradossale. Mi ha derubato della capacità di parlare e scrivere di qualsiasi cosa non fosse al suo servizio, soprattutto la miscela di senso e non senso che produce il supremo significato. Ma il supremo significato è il sentiero, la via, il ponte verso ciò che sta per arrivare. È il Dio che arriva. Non è proprio l'arrivo del Dio stesso, ma la sua immagine che appare nel supremo significato. Dio è un'immagine, e chi lo adora deve adorarlo nell'immagine del supremo significato. (...) Ma lo spirito del profondo mi disse: "Tu sei un'immagine del mondo infinito, tutti gli ultimi misteri del divenire e del trascorrere vivono in te. Se non possiedi tutto questo, che cosa vuoi sapere?"…>>

<<Ci sforziamo di raggiungere il buono e il bello, ma al tempo stesso afferriamo anche il malvagio e il brutto, poiché nel pleroma essi formano un tutt'uno col buono e col bello. Se invece restiamo fedeli alla nostra essenza, cioè alla differenziazione, allora ci differenziamo dal buono e dal bello, e perciò anche dal malvagio e dal brutto, e non cadiamo nel pleroma, ossia nel nulla e nel dissolvimento..>> 

<<Anima mia, dove sei? Mi senti? Io parlo, ti chiamo… Ci sei? Sono tornato, sono di nuovo qui.  Ho scosso dai miei calzari la polvere di ogni paese e sono venuto da te, sono a te vicino; dopo lunghi anni di lunghe peregrinazioni sono ritornato da te. Vuoi che ti racconti tutto ciò che ho visto, vissuto, assorbito in me? Oppure non vuoi sentire nulla di tutto il rumore della vita e del mondo? Ma una cosa devi sapere: una cosa ho imparato, ossia che questa vita va vissuta. Questa vita è la via, la via a lungo cercata verso ciò che è inconoscibile e che noi chiamiamo divino. Non c´è altra via. Ogni altra strada è sbagliata. Ho trovato la via giusta, mi ha condotto a te, anima mia. Ritorno temprato e purificato. Mi conosci ancora? Quanto a lungo è durata la separazione! Tutto è così mutato. E come ti ho trovata? Com´è stato bizzarro il mio viaggio! Che parole dovrei usare per descrivere per quali tortuosi sentieri una buona stella mi ha guidato fino a te? Dammi la mano, anima mia quasi dimenticata. Che immensa gioia rivederti, o anima per tanto tempo disconosciuta! La vita mi ha riportato a te. Diciamo grazie alla vita perché ho vissuto, per tutte le ore serene e per quelle tristi, per ogni gioia e ogni dolore. Anima mia, il mio viaggio deve proseguire insieme a te. Con te voglio andare ed elevarmi alla mia solitudine…>>

<<Pensavo e parlavo molto dell'anima, conoscevo tante parole dotte in proposito, l´avevo giudicata e resa oggetto della scienza. Credevo che la mia anima potesse essere l'oggetto del mio giudizio e del mio sapere; il mio giudizio e il mio sapere sono invece proprio loro gli oggetti della mia anima. Perciò lo spirito del profondo mi costrinse a parlare all´anima mia, a rivolgermi a lei come a una creatura vivente, dotata di esistenza propria. Dovevo acquistare consapevolezza di aver perduto la mia anima. Da ciò impariamo in che modo lo spirito del profondo consideri l´anima: la vede come una creatura vivente, dotata di una propria esistenza, e con ciò contraddice lo spirito di questo tempo, per il quale l´anima è una cosa dipendente dall´uomo, che si può giudicare e classificare e di cui possiamo afferrare i confini. Ho dovuto capire che ciò che prima consideravo la mia anima, non era affatto la mia anima, bensì un´inerte costruzione dottrinale. Ho dovuto quindi parlare all´anima come se fosse qualcosa di distante e ignoto, che non esisteva grazie a me, ma grazie alla quale io stesso esistevo...>>

<<Giunge al luogo dell´anima chi distoglie il proprio desiderio dalle cose esteriori. Se non la trova, viene sopraffatto dall´orrore del vuoto. E, agitando più volte il suo flagello, l´angoscia lo spronerà a una ricerca disperata e a una cieca brama delle cose vacue di questo mondo. Diverrà folle per la sua insaziabile cupidigia e si allontanerà dalla sua anima, per non ritrovarla mai più. Correrà dietro a ogni cosa, se ne impadronirà, ma non ritroverà la sua anima, perché solo dentro di sé la potrebbe trovare. Essa si trovava certo nelle cose e negli uomini, tuttavia colui che è cieco coglie le cose e gli uomini, ma non la sua anima nelle cose e negli uomini. Nulla sa dell´anima sua..>>

<<Vuoi che ti racconti tutto ciò che ho visto, vissuto, assorbito in me? Oppure non vuoi sentire nulla di tutto il rumore della vita e del mondo? Ma una cosa devi sapere: una cosa ho imparato, ossia che questa vita va vissuta. Questa vita è la via, la via a lungo cercata verso ciò che è inconoscibile e che noi chiamiamo divino. Non c´è altra via. Ogni altra strada è sbagliata. Ho trovato la via giusta, mi ha condotto a te, anima mia. Ritorno temprato e purificato. Mi conosci ancora? Quanto a lungo è durata la separazione! Tutto è così mutato. E come ti ho trovata? Com´è stato bizzarro il mio viaggio! Che parole dovrei usare per descrivere per quali tortuosi sentieri una buona stella mi ha guidato fino a te? Dammi la mano, anima mia quasi dimenticata. Che immensa gioia rivederti, o anima per tanto tempo disconosciuta! La vita mi ha riportato a te. Diciamo grazie alla vita perché ho vissuto, per tutte le ore serene e per quelle tristi, per ogni gioia e ogni dolore. Anima mia, il mio viaggio deve proseguire insieme a te. Con te voglio andare ed elevarmi alla mia solitudine…>>
CARL GUSTAV JUNG, da Il Libro Rosso...





CARL GUSTAV JUNG in una versione ‘virata’ della celebre foto di Dmitri Kessel per l’edizione 9 Settembre 1949 della rivista Life, ritrovata sul blog Carl Gustav Jung Italia – Il primo blog nazionale su Jung e la psicologia moderna, relativamente al post Per giudicare Jung si devono fare prima i compiti a casa e conoscere di cosa si stava occupando del 26 dicembre 2013 - a questo blog rimando per eventuale materiale informativo di qualunque tipo - biografico e bibliografico - su Jung...

http://carljungitalia.wordpress.com/2013/12/26/per-giudicare-jung-si-devono-fare-prima-i-compiti-a-casa-e-conoscere-di-cosa-si-stava-occupando/







<<C.G. Jung è considerato una delle personalità più importanti del pensiero occidentale e i suoi lavori continuano a dare adito a controversie. Egli ha avuto un’importanza fondamentale nella formazione della psicologia moderna, della psicoterapia e della psichiatria. Ma l’influenza più profonda del suo lavoro risiede al di fuori della cerchia di esperti: Jung e Freud sono i due nomi che i più associano pensando alla psicologia, e le loro idee si sono diffuse ampiamente nelle arti e nelle scienze umane, nei film e nella cultura popolare. Jung è anche ritenuto uno dei promotori dei movimenti New Age. Tuttavia è sorprendente che il libro al centro della sua opera, al quale egli lavorò sedici anni, venga pubblicato solo ora…>>   
SONU SHAMDASANI, dall'articolo Il libro dei sogni del dottor Jung, sul Sole-24 Ore del 18.10.2009 


<<Questa è la storia di un libro quasi centenario, rilegato in pelle rossa, che ha trascorso l'ultimo quarto di secolo occultato nel caveau di una banca svizzera. Il libro è grande e pesante e sulla sua spina dorsale sono incise lettere d’oro che dicono “Liber Novus”, che vuol dire “Nuovo Libro” in latino. Le sue pagine sono fatte di spessa pergamena color crema ed è zeppo di dipinti di creature ultraterrene e di dialoghi scritti a mano con dèi e demoni. Se non sai già l’epoca cui risale il libro, lo puoi confondere con un perduto tomo medievale. Eppure sotto la copertina pesante di questo libro si svela una storia molto moderna. Va come segue: un uomo slitta per la mezza età e perde la propria anima. L’uomo cerca la propria anima. Dopo un mucchio di istruttivi accidenti e di avventure – che si svolgono interamente nella sua testa – egli la ritrova. Alcune persone pensano che nessuno dovrebbe leggere questo libro, ed altre persone invece ritengono che tutti dovrebbero leggerlo. La verità è che nessuno in realtà sa che farne. Il più che è stato detto di questo libro – ciò che è, ciò che significa – è il prodotto di congetture, perché sin dalla sua prima stesura nel 1914 in una piccola città della Svizzera, sembra che solo circa due dozzine di individui siano riusciti a leggerlo o che addirittura ci abbiano dato al massimo un’occhiata…>>  
SARA CORBETT, dall'articolo The Holy Graal of the Unconscious (Il Sacro Graal dell'Inconscio), sul 'Magazine' del The New York Times del 16 settembre 2009


<<Nel Libro Rosso, Jung traccia un intricata pedagogia, una sottile auto-educazione dell'Anima. La santificazione della sua anima, era infatti una redenzione del suo Sé. Nel Libro Rosso non vi è solo un intimo modello di sacrificio ed espiazione, ma nel confronto con il suo Sè, con le oscillazioni della sua grandezza e della sua bassezza, con il conflitto dicotomico tra Jung e l'esterno, il collettivo, il malgiudizio, la derisione e l'aberrante alienazione sul sovrumano. Su Jung gravò il peso di un auto-alienazione, che egli dovette elevare al modello di una cristificazione. L'originalità di Jung è nel Libro Rosso, quell'abietta alienazione e derisione, quel masochistico auto-torturarsi per volere degli dèi e per una necessaria santificazione della sua intima sofferenza individuale, tribolazione necessaria al fine di sganciarsi dal vincolo dei rapporti umani e dal terrifico giogo degli dèi (...) Anche questo è il Libro Rosso, l'intima prefigurazione di un processo di individuazione che nell'incalzare delle sue pagine miniate fornì a Jung, il riappropriamento del suo Sè, e l'assoluzione degli dèi...>>    
DIEGO PIGNATELLI SPINAZZOLA, da Il Libro Rosso di C.G. Jung: Un Segreto Portale, nella rubrica 'Riflessioni sulla Psicologia Transpersonale', sul sito Riflessioni.it  


<<Per dirla tutta – negativamente – su Jung, si deve comunque guadagnarsene l’autorità. Forse è un pazzo, un ciarlatano, un bastardo totale. Per avere il diritto di esprimere simili giudizi, però, si devono fare i compiti a casa, molto lavoro su di sè ed essere perlomeno in una posizione tale da saper valutare ciò di cui si stava occupando. Non si stava certo occupando di totali assurdità, come alcune persone sono abbastanza sciocche da supporre e a molte altre piacerebbe credere. (…) Proponiamo questo libro come contributo al ricordo, platonico e freudiano, all’indulgenza, alla pacificazione e – anche – alla celebrazione di un grande spirito umano, che non è stato un santo e non è stato un porco, ma un inguaribile uomo. Come dicono i messicani: un uomo è raro…>>   
R.D.LAING e NAMECHE, da 'Jung e le persone, uno studio su genio e follia', in SONU SHAMDASANIJung messo a nudo dai suoi biografi, anche (Magi Edizioni Scientifiche, Roma, 2008







Com’è noto, jung nutriva una vera e propria passione per il “mandala”, tanto da dedicargli ben quattro importanti saggi che gli richiesero una ventina d’anni di studio… 
La foto che lo ritrae, appunto, accanto a un meraviglioso "mandala di sabbia" – detto kalachakra - tipico della tradizione lamaista (tibetana), è tratta dal saggio junghiano Che cosa sono i mandala, del ‘55… Ma il suo primo approccio coi mandala è relativo proprio al periodo di gestazione del Libro Rosso... E, come possiamo vedere dalle tavole del Liber Novus, Jung non si limitava a studiarli ma ne creava di suoi…
<<Il simbolo mandala è un fatto psichico autonomo, che si distingue per una fenomenologia che si ripete sempre ed è identica in ogni luogo. È una specie di nucleo atomico, di cui però non conosciamo ancora l'intima struttura e l'ultimo significato...>> - C. G. Jung, Simbolismo del mandala, 1950








Secondo non pochi studiosi di Carl Gustav Jung (ovvero delle due anime di Carl Gustav Jung: lo "Scienziato" e l’ "Illuminato") - apologisti e non… diciamo magari i meno ortodossi e i più flessibili, diciamo non tutti gli junghiani d’ambito psichiatrico e occidentalistico (gli epigoni dello Scienziato), ma senz’altro tutti o quasi quelli d’ambito antropofilosofico e gnostico-orientalistico (i seguaci dell’Illuminato) – il Liber Novus o Libro Rosso è il suo capolavoro effettivo.
Se non altro, quello in cui la teoria diviene prassi, una sorta di “libro vivente”, un <<viaggio di esplorazione verso l’altro polo del mondo>>, com’egli stesso ebbe a definirlo, o – sempre parole sue - <<un confronto con l’inconscio>>, un “confronto” assai diretto, anche piuttosto passionale - aggiungeremmo noi - in cui speculazione filosofica, terapia psicanalitica e sperimentazione scientifica, esegesi del mito e del simbolo, sincretismo religioso, mistica ed esoterismo cui il pensatore svizzero attinse a piene mani, vita privata ed esperienza personale, nonché il mondo dell’arte (sia visiva che letteraria), s’incontrano e interagiscono in vista di un obiettivo più che nobile, anzi sicuramente l’Obiettivo di qualunque mente aperta: ritrovare se stessi, al di là di apparenze e ipocrisie sociali, al di là di mere ipotesi scientifiche, al di là persino di se stessi. Al di là di quell’Io illusorio e spurio, contaminato dalla vita sulla Terra, infetto e purulento di tenebre e materia. Trovare se stessi al di là di se stessi e partendo da se stessi. Trovare Jung (quello “puro”, generato dall’anima, dal Sé e non dall’Io - diremmo noi) al di là di Jung (quello “indottrinato”, ammorbato da una fede pericolosamente incrollabile nella vita e nella scienza – diremmo noi) partendo proprio da Jung (quello “malato” né più né meno come uno qualunque dei suoi stessi pazienti – diremmo noi – “malato” forse della malattia dell’esistenza, più che della mente, forse di quel <<fenomeno antitetico allo stato di salute>> - come scrive Sonu Shamdasani - eminente storico junghiano e curatore, anzi deus ex machina provvidenziale della pubblicazione di quest’opera - <<fenomeno>> che Jung <<riteneva andasse collocato all’estremo limite di uno spettro continuo>>)…








Una vera chicca trovata su Youtube: un'intervista del marzo '59 a Jung, direttamente in casa sua a Küsnacht, dal giornalista John Freeman per il programma della BBC Face to face, che fu poi trasmessa dalla tv britannica il 22 ottobre dello stesso anno... Di un'intensità straordinaria, è di quelle vecchie cose tv che ti scaldano il cuore, ma soprattutto è tra le ultime e più preziose testimonianze del grande Carl Gustav... Oltretutto, questa è la famosa intervista in cui Jung, alla domanda "Lei ora crede in Dio?", rispose: <<Ora? Difficile rispondere. Io so... Non ho bisogno di credere, ora so...>>, e questa risposta divenne un classico dell'aneddotica junghiana...







<<Credevo che la mia anima potesse essere l´oggetto del mio giudizio e del mio sapere; il mio giudizio e il mio sapere sono invece proprio loro gli oggetti della mia anima. (…) Ho dovuto capire che ciò che prima consideravo la mia anima, non era affatto la mia anima, bensì un´inerte costruzione dottrinale. Ho dovuto quindi parlare all´anima come se fosse qualcosa di distante e ignoto, che non esisteva grazie a me, ma grazie alla quale io stesso esistevo...>>

Ed è proprio con questo libro, con questa specie di “diario dagli Inferi” - clone un po’ della mistica medievale e un po’ dell’ascetismo hindu, ma soprattutto figlio di quel sincretismo gnostico di origini ebraico-mazdaico-ellenistiche cui Jung dedicò molte ore di studio - che s’anticipa quel metodo della immaginazione attiva (ma in generale si anticipano tutti i principî base della psicologia analitica) che Jung teorizzerà più tardi, la quale avrebbe lo scopo di scavare nella psiche per farvi riaffiorare l’inconscio attraverso l’uso di dialogo interiore, riflessione, immaginazione e creazione artistica…

O piuttosto, come spiega con un lessico più appropriato da buon medico, psicoterapeuta analitico e studioso di Jung tra i più sensibili in Italia, il bolognese Luca Valerio Fabj, in Psicologia analitica ed esoterismo, punti di contatto e divergenze e in  L' "immaginazione attiva": concetti generali teorico/pratici, pubblicati nel giugno 2011 sul Minotauro, la rivista ufficiale da lui diretta della Scuola di Psicoterapia Analitica Aiòn:

<<Il Liber Novus è il frutto di un esperimento "cruciale" che Jung compie su se stesso dal quale scaturirà oltre che questo libro, anche il metodo della "immaginazione attiva", nonché i fondamenti concettuali principali della psicologia analitica. (…) Sintetizzando all'estremo, il metodo della "immaginazione attiva" è una tecnica che implica la concentrazione e l'attenzione, "priva di brama di risultato", sul mondo delle proprie immagini interiori che includono non solo le impronte visive, ma anche le immagini acustiche, motorie e somatosensitive. Tale procedimento porta alla creazione di immagini oggettive con le quali appunto l'individuo interagisce attivamente e prende coscienza sia della loro obiettività come della loro autonomia nell'economia della sua psiche. Da questa "tecnica" discendono tutti i più importanti concetti cardine della psicologia analitica: "Le mie opinioni e i miei concetti più importanti sono derivati da queste esperienze". Tutti i principi teorici fondamentali della psicologia analitica come l' Ombra, la Sigizia Anima/Animus, il Sé, ecc. sono, sì, dei concetti, ma sono anche contemporaneamente e, soprattutto, delle immagini presenti nella psiche dotate di attività autonoma...>>









La copertina del Minotauro, il magazine ufficiale della Scuola di Psicoterapia Analitica Aiòn - che s'ispira al metodo junghiano -  diretta dal bolognese Luca Valerio Fabj... 






Già. Un “esperimento cruciale”… <<una sperimentazione>> - come sostiene il già menzionato Sonu Shamdasani, in un’intervista rilasciata a Carlo De Blasio il 14 aprile 2012 presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma -

<<Che Jung ha condotto tra il 1913 e il 1930, durante la quale cercava di studiare le immagini prodotte dalla sua mente in stato vigile. L'obiettivo di questo esercizio è quello di rilevare la presenza dell'anima e di trasformarlo in una procedura psicoterapeutica per aiutare le persone a trovare il modo di orientarsi nelle proprie vite. La cosa più sorprendente che ho potuto osservare è che questo libro dà coraggio a chi lo legge…>>

In proposito cito un articolo carinissimo, intitolato Conosci te stesso, pubblicato il 30 dicembre 2012 nella ‘categoria’ Eso-pensieri sul sito del Centro Avalon di Pescara e firmato da Valerio Ivo Montanari:

<<L’uscita era prevista per il mese di novembre ma avevo deciso di prenotarlo con due mesi d’anticipo. Non volevo rischiare di rimanere senza e soprattutto volevo tenerlo tra le mani non appena fosse arrivato in libreria. Alla fine il giorno prefissato era giunto! Arrivo in libreria per ritirare la mia copia del “Libro rosso” di Jung e aprendolo vedo comparire delle splendide miniature dal sapore decisamente medioevale. Corro a casa immediatamente per iniziarne la lettura tuttavia dopo alcune pagine mi rendo conto che quello che ho per le mani non è un semplice libro ma molto di più e mi trovo così scosso da quello che ho “visto” da dover interrompere per alcuni giorni la consultazione del testo. Troppo forti e troppo vivide le immagini che Jung riesce ad evocare nelle pagine del suo “Liber Novus”.
Negli articoli precedenti avevo accennato alla questione della molteplicità e della ricchezza che abitano nel nostro inconscio ed è proprio dal confronto con quest’ultimo che nasce il famoso testo junghiano. Tale confronto può avere inizio per diverse cause ma molto spesso accade che siano delle crisi personali a condurci verso la conoscenza delle nostre parti più profonde, alla ricerca di quelle potenzialità che possono aiutarci a trovare la nostra strada nella vita. In questo risiede il motivo per il quale Dante, una volta smarrita “la diritta via”, deve necessariamente passare per l’inferno  / inconscio per ritrovare la sua “Beatrice” ovvero la sua Anima intesa in senso junghiano. Nel 1912, a seguito della pubblicazione del libro Trasformazioni e simboli della libido, la relazione tra Jung e Freud si interruppe in quanto le tesi esposte dallo psicologo svizzero erano ormai troppo lontane da quelle del fondatore della psicoanalisi. Improvvisamente Jung si ritrovò “solo” e senza avere una precisa idea di quale direzione prendere. Anche lui come Dante si era “smarrito”, ed anche lui come il poeta fiorentino (di cui Jung conosceva benissimo l’opera per averla letta in originale), dovette affrontare il suo “inferno”. Lo psicologo svizzero stesso ne parla in questi termini:”Dopo la rottura con Freud cominciò per me un periodo di incertezza interiore, anzi di disorientamento. Mi sentivo letteralmente sospeso, poiché non avevo trovato ancora un punto d’appoggioEbbe allora inizio un “viaggio notturno per mare”, le cui “onde” si andarono a riversare sotto forma di dialoghi con quelle figure che popolavano la mente di Jung, il quale finì con rappresentare questi personaggi interiori sotto forma di disegni, includendoli nel testo del “Libro rosso”. Questo dialogo interiore dovrebbe essere visto come il mettere in pratica l’antico motto iniziatico riprodotto sul frontone del tempio di Apollo a Delfi: “Conosci te stesso”. Ogni parte di noi, infatti, ha un suo proprio carattere, un suo proprio modo di vedere il mondo, una sua specifica abilità ed una sua finalità peculiare. Esattamente così come gli Dei dell’antica Grecia, su cui la nostra cultura si fonda, avevano una loro indole, allo stesso modo queste sub-personalità che vivono nel nostro inconscio hanno un loro temperamento. Ignorarle ci pone nella condizione di subirne l’invisibile influenza, averne invece consapevolezza ci consente di trarre il meglio da ciascuna di queste. 
Una tra le più importanti figure interiori con le quali Jung si trovò a confronto è senza dubbio quella di Filemone, che Jung stesso definì in questi termini:"Filemone era un pagano, ma avvolto in un’atmosfera egizio – ellenistica, con una coloritura gnosticaed ancora"Da un punto di vista psicologico Filemone rappresentava un’intelligenza superiore. Per me era una figura misteriosa. A volte mi sembrava reale proprio come se fosse una persona viva. Passeggiavo con lui su e giù per il giardino, ed era per me ciò che gli indiani chiamano un «guru»". Molte delle idee che diventeranno la base della sua corrente psicologica verranno elaborate proprio nel corso di queste “chiacchierate” interiori. La metodologia con la quale questi dialoghi venivano portati avanti, più tardi indicata col nome di “immaginazione attiva”, si rivelerà essere poi anche un potentissimo strumento di esplorazione interiore, tutt’ora estremamente valido ed efficace. Attraverso l’uso di tale tecnica  è infatti possibile anche “rientrare” in stato di veglia all’interno dei propri sogni, meglio se con la guida di un counselor, ripercorrendo la stessa strada iniziatica battuta dagli alchimisti che testavano ogni elemento chimico per scoprirne le peculiarità ed il “carattere”…>>




Dal Libro Rosso... Filemone secondo Jung...






Ma ora, piuttosto, presentiamo questo Libro Rosso secondo criteri un po’ più canonici e meno letterari di quelli cui solitamente attinge la Biblioteca degli Dei, che non è certo un blog di divulgazione scientifica (e si vede)…
Partiamo da una descrizione insolitamente più tecnica:
Il Liber Novus (o più ‘confidenzialmente’ Libro Rosso) è un volume di 205 pagine, rilegato in pelle rossa, che contiene scritti e disegni inediti (e decisamente insoliti) di Carl Gustav Jung, composti tra il 1914 e il 1930...









Il Libro Rosso originale...




Il testo è stato redatto non a macchina ma a mano, con caratteri prettamente calligrafici (di tipo ‘gotico’), che evocano senza ombra di dubbio quei gioielli creati con certosina pazienza dagli amanuensi medievali e, prima di loro, dagli scribi greco-romani e dai calligrafi bizantini, nonché le meraviglie dello shufa cinese e dello shodo giapponese (che Jung sicuramente conosceva bene, essendo un appassionato studioso di cultura orientale, ciò che lo porterà dagli anni Trenta sino all’ultimo decennio della propria esistenza a una stretta collaborazione col gruppo Eranos, che lo venerava quale maestro e precursore, presso il Canton Ticino, e con orientalisti di fama mondiale quali Richard Wilhelm, Rudolf Otto, etcetera)…






Jung e la grande Olga Fröbe-Kapteyn, che nel '33 fondò l'associazione Eranos, forse il più alto contributo nella storia della divulgazione della filosofia e letteratura mistico-esoterica in generale, dell'opera junghiana in ambito mistico-esoterico in particolare...

Ecco il sito ufficiale di Eranos:







Caratteri composti a mano dallo stesso Jung sicuramente non tanto per ragioni prettamente estetiche quanto per sottoporre ad esercizio ascetico la propria mente e le proprie mani, quindi per una sorta di terapia necessaria per ritrovare il proprio equilibrio psicofisico, come d’altronde facevano gli stessi grandi calligrafi dell’Estremo Oriente, e non solo. 
Nel mondo antico si attribuiva un’importanza straordinaria all’arte della calligrafia, dello “scriver bello”, disciplina estremamente rigorosa che necessitava in misura uguale di sforzo muscolare e di concentrazione mentale, una sorta di mudra ("yoga della mano") il cui obiettivo era sostanzialmente isolarsi dal mondo esterno, in se stessi, per ritrovare quella spiritualità che avrebbe aperto le porte di altre dimensioni (di quell’ altro polo del mondo, come diceva Jung), in definitiva per comunicare con la sfera divina (non a caso nelle civiltà orientali pre-elleniche l’arte calligrafica era riservata ai soli sacerdoti). Ma questa disciplina a metà strada fra l’arte e la meditazione era anche decisamente terapeutica, quasi una sorta di “pre-psicanalisi”: insegnava ad essere pazienti e a non lasciarsi soggiogare dai tempi ‘stretti’ e oppressivi del mondo materiale, dai ritmi convulsi e frenetici dell’esistenza umana, e quindi a ‘dilatare’ i tempi e a rallentare i ritmi vitali, nonché a comprendere, ad ascoltare, a tollerare il prossimo e se stessi. Insomma, non era affatto un hobby  lo “scriver bello” degli antichi calligrafi…






Che Jung avesse una manualità straordinaria non lo si può certo dubitare, grazie anche alla testimonianza diretta delle tavole del Libro Rosso... Ma questa manualità non la esprimeva solo nella pittura... Lo dimostra la celeberrima Pietra di Bollingen, un cubo di pietra che egli scolpì nel 1950, corredandola di incisioni legate al simbolismo alchemico e astrologico, e che divenne uno degli stereotipi junghiani per eccellenza...
<<Nella struttura naturale della pietra>> - scrisse Jung - <<vidi un piccolo cerchio, una specie di occhio che mi guardava. Lo scolpii nella pietra, e nel centro vi feci un piccolo homunculus*...>> L'epigrafe in greco recita: <<Il tempo è un fanciullo - che gioca a dadi - il regno del fanciullo. Questi è Telesforo, che vaga per le oscure regioni del cosmo, e dal profondo risplende come una stella. Indica la via alle porte del sole e alla terra dei sogni>>... 
*Homunculus è una sorta di essere umano creato alchemicamente - per approfondire, cfr. Paracelso o anche Goethe (Faust II)...







I disegni, non meno del testo miniato, sono dei piccoli davvero inaspettati gioielli (chi l’avrebbe mai detto che Jung avesse un simile talento pittorico…?) di segno squisitamente surrealista (Max Ernst soprattutto – d’altronde l’epoca era quella) e con richiami ai capolavori del grande Hieronymus Bosch (XV secolo - il pittore dell’extra-corporeo per eccellenza) nonché al visionarismo di William Blake, nonché al tipico mandala buddhista o allo yantra hindu, questi ultimi strumenti appunto di meditazione, estremamente utili alla dilatazione della mente, allo studio della propria anima, alla comunicazione col divino, etcetera, argomenti per Jung tutt’altro che estranei…








Dal Libro Rosso... Disegno e calligrafia di Jung, di gusto decisamente medievale...



Com’è stato già accennato, questo Libro Rosso – che poi è di fatto un “quadernone” rilegato in pelle rossa – contiene una selezione operata dallo stesso Jung dei testi e disegni contenuti nei Libri Neri, ovvero dei “quadernoni” con la copertina nera, i quali, appunto, erano gli effettivi e preziosissimi resoconti di quello che ormai è ben noto a tutto il mondo come un “esperimento su se stesso”…

Per tutto il corso della sua vita, Jung, nonostante da quell’esperimento fosse venuto fuori un autentico gioiello della letteratura, della filosofia, della psicanalisi, della mistica, nonché – forse inaspettatamente - dell’arte figurativa, preferì non renderlo mai pubblico, ma riservare a sé e nessun altro questo Liber Novus che avrebbe dovuto essere per sempre il suo “libro segreto”, il suo libro personale, come una sorta di talismano…

Come leggiamo ne Il Libro Rosso di Carl Gustav Jung, in 'Psicologia Junghiana', sul sito thepsyche.net...

<<Il Libro rosso è, in effetti, il libro segreto di Jung. Ma segreto soprattutto in quanto riproduzione simbolica di un universo altro, rappresentazione di un significato esistenziale che è e deve rimanere ignoto. Le immagini interiori in esso evocate e personificate provengono infatti da un aldilà mitico, in cui si caricano di una potenza numinosa che le rende a un tempo guaritrici e pericolose: operatori magici di forze psichiche autonome che solo attraverso un corpo a corpo con l’inconscio è possibile neutralizzare e incanalare in un percorso terapeutico. Quella che Jung chiamerà più tardi «immaginazione attiva», è appunto lo strumento inedito di cui egli si servì, nel corso della sua «discesa agli inferi», per suscitare i contenuti archetipici della psiche e oggettivarli attraverso il dialogo interiore, la scrittura, la pittura. Con il suo tesoro di esperienze iniziatiche e meditazioni sapienziali e con il suo corredo di immagini fantasmagoriche e virtuosismi calligrafici, il Libro rosso si situa dunque al centro di una straordinaria sperimentazione artistica e psicologica che ne fa un unicum nel panorama novecentesco. Esso rinnova la tradizione del manoscritto miniato medievale, riprendendone tecniche scrittorie, schemi di impaginazione e moduli di decorazione pittorica e ornamentale. È a tutti gli effetti un libro d’arte di superiore qualità, e volutamente prezioso: perché messo al servizio di un progetto esistenziale il cui scopo è il compimento del proprio mito personale, l’automanifestazione della Vita entro una vita…>>








Disegno di Jung dal Libro Rosso... 


E come scrive Ulrich Hoerni nella Prefazione
<<All’epoca Jung condivise le sue esperienze interiori solo con la moglie e poche altre persone fidate. Poi, nel 1925, in occasione di una serie di seminari tenuti presso il Club psicologico di Zurigo, diede notizia del processo di trasformazione personale e professionale seguito alla rottura con Freud e descrisse il metodo dell’immaginazione attiva. Ma a parte ciò, lasciò trasparire ben poco dei suoi vissuti di quel periodo. I suoi figli, per esempio, non furono messi al corrente della sua autosperimentazione né notarono alcunché di insolito in lui. Naturalmente sarebbe stato tutt’altro che facile spiegare loro ciò che gli stava accadendo. Era già un segno di benevolenza consentire loro di assistere mentre attendeva al lavoro di trascrizione calligrafica o di illustrazione del testo. Così, per i discendenti di ]ung, il Libro rosso è sempre stato avvolto da un’ aura di mistero. Quando nel 1930 l’esperimento di autoinvestigazione ebbe termine, il volume, ancora incompiuto, fu messo da parte: continuò ad avere un posto d’onore nello studio, ma Jung non vi lavorò più per decenni. Le conoscenze che aveva conseguito in quella fase della sua vita sarebbero però confluite nella sua opera scientifica. Nel 1959 egli tentò di concludere la trascrizione sulla base della vecchia minuta e rimise mano a un’immagine che non aveva completato. Cominciò inoltre a stendere un epilogo ma, per motivi sconosciuti, sia il testo calligrafico sia l’epilogo furono interrotti nel mezzo di una frase.Di fatto Jung, pur avendo preso in considerazione la possibilità di pubblicare il Libro rosso, non intraprese i passi necessari per la realizzazione del progetto.
Nel 1916 diede alle stampe in forma privata i Septem sermones ad mortuos, un breve componimento di sapore gnostico scaturito dal suo «confronto con l’inconscio»; ma il saggio redatto lo stesso anno su La funzione trascendente, ave viene descritta la tecnica dell’immaginazione attiva, rimase inedito fino al 1958. È lo stesso Jung a lasciar trasparire i motivi che lo dissuasero dal pubblicare il Libro rosso: in sostanza, si trattava di un’ opera rimasta incompiuta, dalla cui realizzazione era stato «distratto», come spiegò nei Ricordi, dal suo crescente interesse per l’alchimia. A posteriori, egli descrisse il meticoloso lavoro di configurazione delle proprie fantasie nel Libro rosso come un tentativo necessario, ma fastidioso, di «elaborazione estetizzante». E ancora nel 1957 ebbe a definire i Libri neri e il Libro rosso scritture autobiografiche che non dovevano essere incluse nel piano delle sue Opere in quanto di carattere personale e non scientifico. Egli autorizzò nondimeno Aniela Jaffé a citarne brani nei Ricordi – una opportunità di cui peraltro la biografa fece un uso alquanto limitato…>>









Ulrich Hoerni (in occhiali a destra), insieme a Peter e Andreas Jung (nipoti dello psichiatra), in casa Jung a Küsnacht...




Non solo rifiutò decisamente la sua pubblicazione, ma dispose per testamento che non venisse dato alle stampe neppure dopo la sua morte.  E infatti gli eredi si attennero alle sue disposizioni, e, dopo la morte di Jung, il “quadernone rosso” venne seppellito nel caveau di una banca svizzera; fin quando, nel 2001, non bussò all’uscio della splendida villa degli Jung, al numero 228 della SeeStrasse a Küsnacht, otto chilometri da Zurigo, una specie di supereroe con la pelle scura, accento e flemma tipicamente angloindiani e la testa dura come tutti i supereroi, un provvidenziale deus ex machina, come abbiamo detto prima…





La splendida Torre di Bollingen, sul Lago di Zurigo, tenuta estiva e soprattutto ritiro spirituale, anzi vero e proprio ashram, la cui edificazione risale al 1923, quando Jung aveva 48 anni... <<Fin dal principio sentii la Torre come un luogo, in un certo senso, di maturazione, un grembo materno o una figura materna nella quale potessi diventare ciò che fui, che sono e che sarò>> (da Ricordi, Sogni, Riflessioni - 1961)... Con l'eredità materna acquistò il terreno, sul quale costruì gradualmente quello che poi sarà l'edificio definitivo, secondo un disegno personale che voleva che l'espansione di Bollingen procedesse parallelamente alla sua evoluzione psichica e spirituale... Finché fu in vita Jung, nella casa non furono mai realizzati impianti idrici ed elettrici, ed era riscaldata a legna, con tronchi tagliati con l'accetta e preparati personalmente dallo stesso Jung...




Parliamo di colui – e finalmente lo presentiamo - che viene considerato all’unanimità o quasi il massimo esegeta junghiano vivente, Sonu Shamdasani, indiano di etnia sindhi nato a Singapore nel 1962 e cresciuto in Inghilterra, dotato di un curriculum di tutto rispetto: laureato in Storia della Scienza e della Medicina, insegna storia contemporanea (dal XIX secolo ai giorni nostri) della psichiatria e della psicologia presso il Wellcome Trust Centre for the History of Medicine dello University College di Londra, cofondatore (con Stephen Martin, eminente storico junghiano statunitense) e editor generale della Philemon Foundation – una organizzazione non profit costituita allo scopo di promuovere la pubblicazione dell’opera omnia di Jung, inclusi seminari, conferenze, carteggi, manoscritti e appunti di vario genere – e autore di una vasta opera esegetica su Jung, di cui, tra i volumi tradotti in italiano: il già citato (in apertura di post) Jung messo a nudo dai suoi biografi, anche (Londra, 2004), Jung e la creazione della psicologia moderna. Il sogno di una scienza (Cambridge, 2003),  Dossier Freud. L’invenzione della leggenda psicoanalitica (in collaborazione con Mikkel Borch, Parigi, 2006),  Fatti e artefatti. Su C. G. Jung, sul Club psicologico e su un culto che non è mai esistito (Londra, 1998)…

È curioso quanto racconta lo stesso Shamdasani di come ebbe inizio la sua indomita passione per Jung: 
<<Il mio interesse per Jung nacque durante la mia adolescenza, mentre ero in viaggio in India alla ricerca di un guru. Il suo primo lavoro in cui mi sono imbattuto fu il suo commento a The Secret of the Golden Flower... 
(un importante ma quasi sconosciuto testo canonico del Taoismo, importato e tradotto in Occidente dall’immancabile Richard Wilhelm, celebre per la sua versione dello Yi Jing e grande amico e collaboratore di Jung - NdR) 
...Che m’introdusse per la prima volta nello studio della psicologia. Subito considerai questo testo come una promettente mediazione tra misticismo orientale e razionalismo occidentale...>>










Sonu Shamdasani...


Ed ecco il link per il sito ufficiale della Philemon Foundation...





E così, lo storico angloindiano, ormai completamente folgorato sulla via per Küsnacht, nel 2001 cominciò a sottoporre ad una sorta di stalking benefico gli eredi di Jung, li persuase prima a rendere accessibile (se non proprio al pubblico per lo meno agli studiosi) il manoscritto (nello stesso anno), e poi a consentirne la stampa, in edizione tedesca (non integrale), col titolo Das Rote Buch - Liber Novus, Stiftung der Werke von C.G. Jung, a Zurigo, per la Patmos-Verlag, nel 2009…





Dal Libro Rosso...  Disegno di Jung che potrebbe rievocare i suoi studi astrologici, quindi il segno dell'Acquario, riconducibile allo psichiatra stesso (Sole in Leone, Ascendente Acquario - in effetti nel suo Tema Natale, complessivamente di stampo piuttosto pragmatico e sociale, l'Asc in Acquario è l'unico elemento che può spiegare le sue preponderanti tendenze mistico-esoteriche)...







La prima edizione integrale esce negli U.S.A., nell’autunno 2009, col titolo The Red Book – Liber Novus, per conto della newyorkese W.W. Norton & C. Contemporaneamente viene esposto per la prima volta al pubblico il manoscritto originale, presso il Rubin Museum of Art di New York, nella mostra The Red Book of  C.G. Jung. Creation of a New Cosmology (7 ottobre 2009 – 15 febbraio 2010)…
<<La presente edizione, comprensiva della riproduzione in facsimile dell’originale e corredata da un ampio saggio di contestualizzazione storica e da un ricchissimo apparato di commento...>> 
- scrivono i curatori della mostra - 
<<...Segna ora un punto di svolta, inaugurando una stagione nuova negli studi junghiani. Grazie alla pubblicazione di questo che è l’inedito forse più importante nella storia della psicologia, diviene infatti possibile ricostruire le fasi dell’autosperimentazione di Jung – e dunque comprendere la genesi e l’articolazione dell’opera successiva – sulla base di una fonte documentaria di prima mano, e non di congetture fantasiose e pettegolezzi…>>







New York, i gioiellini di Jung (immagini e testi originali) alla mostra The Red Book of C.G. Jung. Creation of a New Cosmology (7 ottobre 2009 – 15 febbraio 2010), presso il Rubin Museum of Art di New York, con la quale s'inaugura la prima edizione integrale dell'opera...







Ma ritorniamo un attimo indietro, al periodo di stesura di questo libro fondamentale nella storia del pensiero universale. Un “libro segreto”, abbiamo detto già più volte; eppure è proprio da qui – ma prima che fosse pubblicato (2009) non potevamo saperlo - che comincia tutto, la vita e l’opera, possiamo dire, dello Jung definitivo, quello ‘vero’, come psichiatra e come “psicologo analitico”, come intellettuale, come antropologo, come padre effettivo di un movimento di pensiero che ha avuto conseguenze straordinarie in tutto il mondo, sicuramente anche come “mistico” mancato, o piuttosto come gnostico moderno, dopo gli esordi come semplice psichiatra promettente, dopo il costruttivo “apprendistato” all'ospedale Burgholzli di Zurigo e le lezioni a Parigi di Pierre Janet (forse il vero padre della psicanalisi, e, senz’altro, il primo a parlare di inconscio quasi dieci anni prima di Freud e Breuer), nonché dopo la triste collaborazione con Herr Doktor Sigmund Freud, che ci costò uno dei più gravi equivoci della storia: quello che lo qualifica tuttora negli ambienti meno informati  – leggenda metropolitana o istruzione deficitaria che sia – quasi come un “clone” dello psichiatra austriaco… Un “libro segreto” che peraltro costituirebbe – se non fosse rimasto nascosto durante l’intera esistenza di Jung e molti anni dopo (fino al 2009) - una sorta di polo iniziale dell’opera junghiana autobiografica, letteraria non scientifica, ma applicata più come strumento di autoanalisi effettivo che come narrazione di genere diaristico, il cui polo finale sarebbe dovuto essere quell’altro piccolo capolavoro che è Ricordi, Sogni, Riflessioni (‘Erinnerungen, Träume, Gedanken von C.G. Jung’), pubblicato nel 1961 (anno della sua morte), che è poi l’autobiografia ufficiale di Jung, frutto di lunghe e preziose conversazioni con la segretaria Aniela Joffé





Dal Libro Rosso... Un disegno di Jung che potrebbe rievocare il mito ebraico-gnostico-qabbalistico del serpente e dell'albero della vita...







Come scrive Armando Massarenti, nell’articolo L’esperimento che Jung fece su di sé, sul Sole 24ore del 19 dicembre 2010...
<<Non è solo un dialogo serrato con la propria anima, i cui modelli sono il Faust di Goethe e lo Zarathustra di Nietzsche, un'autoanalisi svolta sull'orlo di un autentico naufragio esistenziale, ma è soprattutto il lavoro che segna il distacco da Freud...>>
Già. Soprattutto un lavoro che segna il distacco da Freud
Come racconta lo stesso Jung, appunto nell’autobiografia su menzionata:
<<Mi interessava sapere il parere di Freud sulla precognizione e sulla parapsicologia in genere. Quando lo andai a trovare a Vienna, nel 1909, gli chiesi che cosa ne pensasse. A causa dei suoi pregiudizi materialistici respinse in blocco tutti questi problemi come assurdi, e lo fece nei termini di un così superficiale positivismo, che mi trattenni a fatica dal rispondergli aspramente.Passarono ancora degli anni prima che Freud riconoscesse la serietà della parapsicologia e l’effettiva realtà dei fenomeni ‘occulti’. Mentre Freud esponeva i suoi argomenti, provavo una strana sensazione. Era come se il mio diaframma fosse di ferro e si fosse arroventato, come una vòlta incandescente. E in quel momento ci fu un tale schianto nella libreria, che era proprio accanto a noi, che entrambi ci alzammo in piedi spaventati, temendo che potesse caderci addosso. Dissi a Freud:”Ecco, questo è un esempio del così detto fenomeno di esteriorizzazione catalitica”.
“Suvvia” disse “questa è una vera sciocchezza!” “Ma no” risposi “vi sbagliate, Herr Professor, e per provarvelo ora vi predico che tra poco ci sarà un altro scoppio!” E, infatti, non avevo finito di dirlo che si udì nella libreria un altro schianto eguale al primo!
Ancora oggi non so cosa mi desse quella certezza. Ma sapevo al di là di ogni dubbio che il colpo si sarebbe ripetuto. Freud mi guardò stupefatto, senza dir nulla. Non so che cosa gli passasse per la mente, e che cosa volesse dire il suo sguardo. In ogni caso di qui nacque la sua diffidenza nei miei riguardi, ed ebbi la sensazione di aver fatto qualcosa che l’avesse contrariato. Non gli parlai mai più dell’incidente’…>>
E fu proprio dopo questa conversazione del 1909 che cominciò la storica separazione tra Jung e Freud, separazione da cui avrà origine – nel 1912, con la pubblicazione del primo testo junghiano fondamentale, Trasformazioni e simboli della libido, e col successivo ciclo di conferenze sulla psicanalisi (Fordham Lectures), l’altrettanto storica biforcazione delle due principali arterie della psicanalisi: freudiana e junghiana, appunto, per dirla in breve la prima centrata sulla pulsionalità sessuale quale motore della psiche, la seconda costruita attorno al concetto di libido (pulsionalità sessuale e non solo) inteso sostanzialmente come energia psichica, dove – potremmo dire – avviene un ribaltamento della teoria freudiana, semmai è la sessualità stessa generata e mossa o rimossa dalla psiche, o piuttosto è generalmente la sessualità suscettibile di convertirsi in energia psichica, più difficilmente il contrario. Cosa che avviene molto frequentemente nel mondo della mistica e dell’esoterismo, mondo cui Jung sin dagli esordi della sua carriera attinge a piene secchiate – sia come psichiatra e sia come studioso; mondo entro i cui confini Jung da sempre si muove con una certa agilità. Ma tra alti e bassi la rottura definitiva avverrà nell’ottobre 1913, con le dimissioni di Jung da direttore dello Jahrbuch, il periodico ufficiale della Società Psicanalitica Internazionale, cui seguirono, nell’aprile 1914, le dimissioni da presidente della Società, e così lo psicanalista svizzero dismise finalmente il ruolo decisamente equivoco di “delfino” del fondatore della psicanalisi…






1909, Clark University, Worcester (Massachusetts), una pausa per foto di gruppo durante le celebri Clark Lectures, con le quali Sigmund Freud introdusse la psicanalisi negli Stati Uniti. La foto non ha certo bisogno di presentazioni, ma diciamo lo stesso che Freud è il primo davanti a sinistra, Jung - appena 34enne - l'ultimo davanti a destra... Insieme a loro, al centro, G. Stanley Hall, monarca assoluto della Clark e referente americano del dogma freudiano, quale fondatore della American Psychological Association... Dietro, in piedi sulla destra, si può riconoscere Sàndor Ferenczi, il vero "delfino" di Freud...












Come scrive Armando Massarenti nell’articolo sopra citato: 
<<Jung era entrato in contatto col padre della psicoanalisi nel 1906 per poi diventare presidente della Società psicoanalitica. Il rapporto tra i due è ampiamente mitologizzato e il Libro Rosso chiarisce che la fonte primaria dell'opera junghiana non può essere rintracciata in Freud e nella psicoanalisi. Concetti come quello dei tipi psicologici (introverso e estroverso per esempio), il processo di individuazione e l'inconscio collettivo vengono elaborati qui per la prima volta e sono distanti dall'impronta freudiana…>>








Dal Libro Rosso... Disegno di Jung...






Sulle prime, Jung prese male questa rottura, e cadde in una crisi depressiva che durò circa sei anni. Proprio grazie a questa “malattia creativa”, come la definì lo storico della psicanalisi Henri Ellenberger, Jung ebbe la magnifica idea di sperimentare su se stesso quella immaginazione attiva di cui abbiamo parlato più volte, il cui scopo, come diceva Sonu Shamdasani in quello stralcio di intervista su riportata, era... 
<<quello di rilevare la presenza dell'anima e di trasformarlo in una procedura psicoterapeutica per aiutare le persone a trovare il modo di orientarsi nelle proprie vite…>> 





Dal Libro Rosso... Disegno di Jung...






Oltre al distacco dall’entourage – anzi dal “branco” - freudiano, generalmente il terminus post quem della creazione di quest'opera è considerata ufficialmente la celebre visione che Jung ebbe nell’ottobre del 1913 durante un viaggio in treno verso Shaffhausen. Come racconta egli stesso nella citata Ricordi, Sogni, Riflessioni
<<Vidi una terribile alluvione che inondò tutte le terre tra il Mare del Nord e le Alpi. Si estendeva dall’Inghilterra alla Russia e dalle coste del Mare del Nord fino alle Alpi. Vidi onde gialle, macerie galleggianti e migliaia di morti. La visione durò due ore, mi confuse e mi fece star male. Non seppi interpretarla. Trascorsero due settimane, poi la visione tornò, ancora più violenta di prima e una voce interiore disse: "Guardala, è del tutto reale, e accadrà. Non puoi dubitarne". Lottai ancora per due ore con essa, ma mi trattenne con fermezza, lasciandomi esausto e confuso. Pensai di essere diventato pazzo …>>









Dal Libro Rosso... Disegno di Jung che rievoca da un lato l'antica Gnosi egizia, dall'altro il mito ebraico di Giona...




Il Libro Rosso, quindi, più che una reazione a questi eventi o un’opera letteraria vera e propria, fu il tentativo, l’esperimento terapeutico (?) – formalmente - per ritrovare l’equilibrio psichico momentaneamente perduto; o piuttosto diciamo l’esercizio ascetico per ritrovare, anzi per conoscere – definitivamente e approfonditamente - se stesso. Quindi Jung cominciò a scavare con potenza nella propria psiche – potremmo dire decisamente in modo più nietschiano (e magari anche goethiano) che propriamente psicanalitico… 


A questo “esperimento su di sé” che diede origine a quella che sarà la cosiddetta "immaginazione attiva", non possiamo certo attribuire una connotazione meramente scientifica, anche perché Jung non era uno scienziato a tutto tondo, tutt’altro: è ben noto il suo elevato e più che partecipe contributo a ricerche e attività che potremmo definire metascientifiche, ma soprattutto il resoconto di quello (continuiamo pure a chiamarlo) “esperimento” – ovvero il Libro Rosso che stiamo presentando – ci mostra a tutti gli effetti che certamente non si trattava di psicanalisi ortodossa applicata a se stesso, ma di un’immersione nel trascendente, appunto “verso l’altro polo del mondo”, com’ebbe a dire lui stesso, in una parola nella propria anima, magari in quel “fondo dell’anima di eckhartiana memoria (e Jung sicuramente conosceva assai bene Eckhart - tutta la sua teoria dell'inconscio lo ricorda) dove si annida il divino (tema particolarmente caro allo Gnosticismo, di cui Jung, è risaputo, era un appassionato estimatore) – le terminologie e gli stili sia di scrittura che di immagine utilizzate da Jung nel Libro Rosso non sono certo le stesse che utilizzava nelle sue opere di divulgazione scientifica, e lo stesso processo introspettivo che incontriamo tra quelle pagine miniate è certamente molto più affine all’intimismo agostiniano o a un esercizio spirituale di Ignazio di Loyola che a una seduta psicanalitica…







Jung assorto e meditabondo (e in panni da pensionato) sul Lago di Zurigo, nei pressi del suo adorato rifugio di Bollingen, immortalato da Dmitri Kessel (grande e storico fotografo di Life) il '5 settembre del '49...





Proprio qua comincia il vero Jung, comincia con l’autoannullamento di quel giovane medico ambizioso e “indottrinato” (come si definisce lui stesso nel Libro Rosso) che abbiamo conosciuto al Burgholzli di Zurigo e presso la cattedra di Pierre Janet al Collège de France, comincia con la sua immolazione sull’altare della Gnosi, mediante i Libri Neri prima e il Libro Rosso (che era il prodotto di una selezionata trascrizione di quelli) poi, e infine la rinascita come l’Araba Fenice, forse più dalla nausea per il dogmatismo freudiano e la presunzione positivista che dalle proprie ceneri…

Tutt’altro che “fantasie” indotte da uno spirito “visionario” – anche se lo stesso Jung le definiva, nella già citata autobiografia, <<fantasie che lo sollecitavano dal sottosuolo>> e che lui sentiva il bisogno spirituale (forse più che l’obbligo morale) di <<tradurre in immagini>>, ma piuttosto "schizzi di coscienza", fatti della materia stessa di cui son fatti i sogni, direbbe il Bardo di Stratford; materia più reale della materia stessa; dialoghi di sé col Sé; integrazione di inconscio nella coscienza; fluxus… 






Dal Libro Rosso: un "mandala" in chiave sincretista di Jung... 





In effetti, pensando a uno Jung chiuso nella sua torre ad esplorare se stesso e parlare col divino, a noi “contemporanei” affiora subito nella memoria l’icona di Molly Bloom ripiegata sul suo letto in pieno O.B.E. (Out of Body Experience) ad eruttare pensieri, sogni, ricordi, visioni, ombre e luci... 

E, sicuramente, quest’operazione servì anche – anche, però, non soprattutto - allo Jung psicologo e psichiatra, per formulare, confermare ed approfondire principî e teorie quali inconscio collettivo, archetipo, simbolo, mitopoiesi, tipi psicologici e via dicendo…

Molto più tardi, nel ’57, quattro anni prima di morire, Jung ricorderà: 
<<Gli anni più importanti della mia vita furono quelli in cui inseguivo le mie immagini interiori. A essi va fatto risalire tutto il resto. Tutto cominciò allora, e poco hanno aggiunto i dettagli posteriori. La mia vita intera è consistita nell’elaborazione di quanto era scaturito dall’inconscio, sommergendomi come una corrente enigmatica e minacciando di travolgermi. Una sola esistenza non sarebbe bastata per dare forma a quella materia prima. Tutta la mia opera successiva non è stata altro che classificazione estrinseca, formulazione scientifica e integrazione nella vita. Ma l’inizio  numinoso  che  conteneva  ogni  altra  cosa  si diede  allora…>> 










C. G. Jung da bambino...






Come mia abitudine, cedo l’ultima parola al solito ospite di riguardo – per l’occasione propongo un estratto da un piccolo notevole saggio intitolato Carl Gustav Jung: l’ombra e la gnosi, chiaramente centrato sullo Jung esoterico o piuttosto – più correttamente - lo Jung gnostico (“l’Illuminato”, come ho scritto nello incipit), e quindi centrato sul Libro Rosso e sul relativo esercizio di gnosi – definizione che francamente preferisco a quella più comune (e forse più abusata) di “esperimento su se stesso” o, più rozzamente, di “auto-analisi”… Il “post” – il cui autore è l’ottimo Walter Catalano (storico dell’esoterismo e delle religioni, nonché regista cinematografico) -  è apparso su Airesis  –  Il Giardino dei Magi...
...sito web sicuramente tra le perle dell’editoria italiana online, fondato e gestito da una triade d’eccezione: lo storico della scienza Paolo Aldo Rossi, lo storico dell’esoterismo ed esperto di alchimia Massimo Marra e la storica della letteratura e del pensiero scientifico Ida Li Vigni… 
Buona lettura






<<Dopo la traumatica rottura con Sigmund Freud nel 1912, Carl Gustav Jung venne emarginato e aspramente criticato dall'ambiente psicanalitico: era solo un mistico; termine che, secondo il riduzionismo positivistico tipico del freudismo, valeva come sinonimo di ciarlatano. Il senso di isolamento e di abbandono - così ci racconta egli stesso nella sua autobiografia Ricordi, sogni, riflessioni - provocò nello psichiatra svizzero un lungo periodo di incertezza interiore e di disorientamento, stato assai favorevole all'emersione di frammenti e figure dell'inconscio e alla loro numinosa manifestazione diretta.

Si scatenò un flusso incessante di fantasie, e feci del mio meglio per non perdere la testa... Ero inerme di fronte a un mondo estraneo dove tutto appariva difficile e incomprensibile... Le tempeste si susseguivano, e che potessi sopportarle, era solo questione di forza bruta. Per altri hanno rappresentato la rovina: così per Nietzsche, Hoelderlin, e molti altri... Nel reggere a questi assalti dell'inconscio ero sostenuto dal saldo convincimento di obbedire a una volontà superiore... 

Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, nel 1914, confermò al fondatore della Psicologia Analitica l'intuizione che le proprie inquietanti derive psichiche non erano casuali ed isolate ma rispecchiavano l'angoscia collettiva di un mondo che stava sprofondando nell'abisso. 

In quel momento di estrema crisi l'immaginario gnostico, nato e sviluppatosi in un altro momento di drastici sconvolgimenti annuncianti il crollo del Mondo Antico nei primi secoli dopo Cristo, riaffiorava in tutta la sua lussureggiante ricchezza sommergendo lo psichiatra e segnandolo indelebilmente per il resto della sua vita e della sua attività creativa.

La figura di Abraxas, il dio/diavolo degli gnostici, venne evocata con sorprendente frequenza non solo nei sogni e nelle pagine di Jung, ma in quelle, di poco posteriori, del quasi conterraneo Hermann Hesse nel romanzo Demian (scritto nel 1917 e pubblicato nel 1919):

Demian aveva detto allora che possediamo bensì un Dio da noi venerato, ma egli rappresenta soltanto una metà del mondo arbitrariamente staccata (il mondo "chiaro", ufficiale, lecito). Si deve però poter venerare il mondo intero e perciò o si deve avere un Dio che è anche diavolo o bisogna introdurre accanto al servizio divino anche un servizio diabolico. Ed ecco ora Abraxas, il Dio che era dio e diavolo insieme...

Questi concetti, espressi dall'autore de Il Lupo della steppa, sono molto vicini a quelli che Jung andrà elaborando negli anni seguenti, con il procedere parallelo dei suoi studi sullo gnosticismo e sull'alchimia, tanto vicini da farci sospettare che il Demian del romanzo non fosse per Hesse altri che un alter-ego letterario di Jung stesso: si ricordi che lo psichiatra portò fino alla morte un anello con un castone alessandrino raffigurante Abraxas e che lo scrittore venne per qualche anno in analisi da lui “ma non riuscì ad andare in fondo

Quel flusso di immagini e fantasie così significative fu scrupolosamente registrato da Jung in un “Libro rosso”, scritto a mano a caratteri gotici e finemente illustrato dall'autore stesso. In questi sogni ad occhi aperti, vere e proprie allucinazioni o esperienze medianiche, apparivano con ricorrente frequenza varie figure dalla personalità autonoma (uno spiritista non esiterebbe a definirli “spiriti guida” o “angeli custodi”): una curiosa triade composta da un vecchio, Elia, una fanciulla cieca, Salomè, ed un serpente; e, successivo sviluppo di Elia, un altro vecchio alato e cornuto, Filemone. Della triade Jung scrisse:

In queste peregrinazioni oniriche spesso ci si imbatte in un vecchio accompagnato da una giovinetta, ed esempi di coppie simili si trovano anche in molti racconti mitici. Così, secondo la tradizione gnostica, Simon Mago andava in giro con una fanciulla, che egli aveva preso in un bordello, di nome Elena, e che era considerata come la reincarnazione di Elena di Troia. Klingsor e Kundry, Lao-Tse e la giovane danzatrice, sono altri esempi del genere... Nei miti il serpente è spesso la controfigura dell'eroe... Nella mia fantasia, perciò, la presenza del serpente era una chiara allusione al mito dell'eroe. Salomè è una rappresentazione dell' “anima”. È cieca perché non vede il significato delle cose. Elia è personificazione del vecchio saggio profeta e rappresenta l'elemento conoscitivo, Salomè quello erotico. Si potrebbe dire che i due personaggi siano personificazione del Logos e dell'Eros, ma una tale definizione sarebbe troppo intellettualistica…

È però Filemone la figura di maggior rilevanza: è un pagano, uno gnostico egizio-ellenistico, ha corna taurine, porta un mazzo con quattro chiavi, ha le ali di un martin pescatore (Jung trovò un martin pescatore morto nel suo giardino, proprio nei giorni seguenti all’apparizione di Filemone, uccello questo – precisa l’analista – piuttosto raro nei dintorni di Zurigo) e manifesta una vita indiscutibilmente propria:

Filemone rappresentava una forza che non ero io. Nelle mie fantasie conversavo con lui e mi diceva cose che io coscientemente non avevo pensato, e osservai chiaramente che era lui a parlare, non io... Da un punto di vista psicologico Filemone rappresentava un'intelligenza superiore... A volte mi sembrava reale proprio come se fosse una persona viva... Era per me ciò che gli indiani chiamano un "guru"…

In seguito, allo spirito alato Filemone si affiancherà il demone terrestre e metallico che Jung chiamerà Ka, riprendendo il termine con cui gli antichi egizi definivano il "doppio", una delle parti non mortali dell'anima umana:

Con il tempo riuscii ad integrare le due figure, e a tal fine mi fu di aiuto lo studio dell'alchimia...

Nel 1916, finalmente, questa magmatica atmosfera psichica giunge al culmine: dando quasi voce diretta ad Abraxas, Jung identificandosi in Basilide - uno gnostico alessandrino dell'inizio del II sec. d.C. - produce, praticamente in stato di trance, un testo di scrittura automatica, i Septem Sermones ad Mortuos. La stesura del libretto è anticipata da una fenomenologia che potremmo tranquillamente definire “paranormale”: i cinque figli dell'analista ancora piccoli, vedono figure fantomatiche aggirarsi per le stanze e disturbare i loro sonni, il campanello di casa suona più volte senza che ci sia nessuno alla porta.

Tutta la casa era come abitata da una folla di gente, come se fosse stipata di spiriti. Si affollavano fin sotto la porta e si aveva la sensazione di poter respirare a fatica…

Anche Jung comincia a spaventarsi ed ode i morti gridare in coro:

Ritorniamo da Gerusalemme, dove non abbiamo trovato quel che cercavamo…

Con questa frase inizia il testo che lo psichiatra, scrivendo febbrilmente, termina in tre sole sere: appena presa in mano la penna la folla è sparita, l'invasione è cessata. Jung riconosce immediatamente il numen di un archetipo, una costellazione inconscia che si manifesta in visione: come terra dei morti, terra degli antenati, voce  “dell'Inesplicabile, dell'Irrisolto, dell'Irredento”. In chiusura all'enigmatico documento l'analista aggiunse un incomprensibile anagramma di cui non volle mai svelare la chiave:

NAHTRIHECCUNDE  
GAHINNEVERAHTUNIN  
ZEHGESSURKLACH  
ZUNNUS…     

I Sermoni sono la prima manifestazione di quella complessa concezione junghiana, non tanto psicologica quanto teologica, che volge al riconoscimento, all'integrazione e al bilanciamento fra il polo positivo e quello negativo. In chiave gnostica è il disvelamento di Abraxas; in chiave analitica è la presa di coscienza dell'Ombra, il “lato oscuro” della nostra totalità psichica; più tardi, in chiave cristiana, sarà l'accoglimento di Lucifero come quarta figura della Trinità:

Abraxas è il Dio duro a conoscere. Il suo potere è il più grande perché l'uomo non lo vede. Del sole egli vede il summum bonum, del demonio l'infimum malum; ma di Abraxas la VITA, indefinita sotto tutti gli aspetti, che è la madre del bene e del male... Duplice è il potere di Abraxas. Ma voi non lo vedete, perché ai vostri occhi gli opposti in conflitto di questo potere si annullano... Ogni cosa che chiedete supplicando al Dio sole genera un atto del demonio. Ogni cosa che create col Dio sole dà al demonio il potere di agire. Questo è il terribile Abraxas (dal Sermone III


Queste prime profonde intuizioni o, perché no, rivelazioni, derivate dalla tradizione dello gnosticismo ellenistico, condussero in seguito Jung all'approfondimento della letteratura ermetica ed alchemica e, attraverso questa, alla rischiosa interpretazione, che scatenò polemiche senza fine, del principale dogma cristiano. Il sottofondo intellettuale di queste tesi provocatorie resta strettamente legato alla sensibilità tipica dello gnosticismo…>>








Una splendida riproduzione a colori della famosa caricatura di Abraxas sul Dictionnaire Infernal (1863) di Jacques Collin de Plancy (con illustrazioni di M. L. Breton, autore appunto di questo insolito "ritratto") con l'aggiunta di un passo dal III dei Sette Sermoni ai Morti (1916) di C.G. Jung (di cui si parla nell'articolo di Walter Catalano che abbiamo appena letto)... Il passo dice (dall'inglese): <<"Abraxas (da ABRACADABRA) genera verità e menzogna, bene e male, luce e tenebra, nella stessa parola e nello stesso atto. Perciò Abraxas è terribile." - Carl Jung>>...







(4 febbraio 2014)

jun-zi guan











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